Dazi, vendetta cinese sul "made in Usa"

Pechino impone 3 miliardi di tasse su 128 prodotti. Compresi frutta, vino e carne di maiale

Dazi, vendetta cinese sul "made in Usa"

La vendetta della Cina non si è fatta attendere e costa a Washington 3 miliardi di dollari. Per ora. Il conto però potrebbe facilmente salire in caso di escalation di quella che è, a tutti gli effetti, una guerra commerciale, seppure non dichiarata. Pesante Wall Street, ieri alle 20.30 ore italiane, il Dow Jones perdeva il 3% e il Nasdaq il 3,4%; in particolare sotto tiro sono i titoli tecnologici con Amazon.

Da ieri Pechino ha alzato i dazi su 128 prodotti a stelle e strisce, il cui ingresso dell'ex Celeste Impero ora costa fino al 25% in più. Il provvedimento di Xi Jinping è la risposta quello adottato poche settimana fa da Donald Trump sulle importazioni di acciaio (dazi al 25%) e alluminio (10%) e punta, secondo quanto ribadito da una nota del ministero del Commercio cinese, a «salvaguardare gli interessi della Cina e a bilanciare le perdite legate alle nuove tariffe Usa».

Pechino accusa Washington di aver violato i principi di non discriminazione del World Trade Organization e di aver danneggiato, in questo modo, gli interessi cinesi. In realtà il provvedimento voluto da Trump a inizio marzo era inizialmente esteso a numerosi altri partner commerciali degli Usa (compresa l'Unione Europea) che tuttavia, in seguito a negoziati bilaterali, sono stati poi esentati, almeno per ora. Per il Global Times, quotidiano riconducibile al partito comunista cinese, «anche se Cina e Usa non si sono dichiarate guerra sul piano commerciale, le scintille hanno iniziato a volare». E Pechino è pronta «a mostrare la sua forza».

Ad essere colpiti dall'aumento dei dazi sono 128 prodotti di sette diversi generi: per 120 articoli (frutta fresca e secca, vino, etanolo, prodotti a base di noci, ginseng americano e tubi di acciaio) le imposte doganali sono salite del 15%; per gli altri otto prodotti (carne di maiale e derivati e alluminio riciclato), l'incremento è del 25 per cento. In particolare, a soffrire sono gli allevatori, baluardo elettorale di Trump: Pechino infatti rappresenta la terza destinazione di pancetta e costine a stelle e strisce, un mercato da 1,1 miliardi.

Si è chiuso così il primo botta e risposta tra le due super potenze. Ma a breve potrebbe seguirne un altro. Entro venerdì Trump renderà pubblico l'elenco di 1.300 prodotti tlc, hi tech e aerospazio made in China che saranno penalizzati da maggiorazioni doganali del 25% per la presunta acquisizione illecita di proprietà intellettuale da parte dei produttori asiatici. Questa stretta potrebbe costare a Pechino 60 miliardi di dollari di esportazioni. E a quel punto la Cina potrebbe utilizzare l'artiglieria pesante e colpire Washington nei punti più sensibili come la soia (che da sola vale 14 dei 20 miliardi di export agricolo americano verso Pechino), macchine e aerei.

La guerra di dazi, secondo Coldiretti, potrebbe comunque portare dei beneficio al vino italiano: l'Italia esporta in Cina bottiglie per 130 milioni, più del doppio rispetto agli Usa. E il mercato cinese cresce del 30% l'anno.

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