Facebook continua a deludere coloro che avevano deciso di scommetterci. Nel giorno (ieri) in cui scadeva il divieto di vendita ( lockup ) delle azioni per alcuni investitori, il titolo del social network è riuscito, solo in serata, a limare in parte le pesanti perdite (calo fino al 6,7%), tornando al di sopra del minimo storico toccato in precedenza a 19,69 dollari per azione.
Alle 20 di ieri sera, Facebook (-5,05%) quotava a 20,12 dollari per azione, con una capitalizzazione di mercato di 43,23 miliardi di dollari, meno della metà rispetto ai 104 miliardi di dollari dopo l’Ipo dello scorso 17 maggio. Da quel giorno la caduta è stata costante: al via con un prezzo di collocamento di 38 dollari per azione, salito a un massimo di 45 dollari nella prima seduta di scambi, l’azione Facebook era poi scesa fino a dimezzare il proprio valore ai livelli attuali. A conferma del momento negativo, anche i risultati del secondo trimestre della società guidata dal giovane top manager. A causare il «rosso» il rallentamento della crescita del fatturato e l’aumento dei costi. La perdita, in linea con le attese degli analisti, è stata pari a 157 milioni di dollari, contro l’utile di 159 dello stesso periodo dello scorso anno.
E così, ad appena tre mesi dalla quotazione, mentre nelle sale operative c’è già chi parla di «rischio bolla», il titolo vale quasi la metà dei 38 dollari del debutto in Borsa, quando ancora si sperava di piazzare ogni azione tra i 34 e 38 dollari. Ieri Dst Global, Goldman Sachs, Elevation Partners ( il fondo di Bono degli U2) e Accel Partners hanno liberato 271,1 milioni di azioni che ora potrebbero finire sul mercato, andandosi ad aggiungere ai 421 milioni già in circolazione (altri 1,3 miliardi di titoli sono attesi sul mercato entro la fine dell’anno) e solo nella prima ora di scambi a Wall Street sono passate di mano 62 milioni di azioni, un volume doppio rispetto alla media degli ultimi 30 giorni.
Intanto ci si comincia a chiedere chi abbia vinto e chi abbia perso in questa operazione. Non i piccoli investitori, molti dei quali hanno avviato una class action, forse le banche con le loro commissioni «monstre»: Morgan Stanley ha raccolto 68 milioni di dollari parial 38,5% sui 176 milioni complessivi, mentre a Jp Morgan è andato il 20% e a Goldman Sachs il 15% del totale. Insoddisfatto, ovviamente, è anche il ventottenne «papà» del social network che ha visto assottigliarsi, per così dire, il suo enorme patrimonio di 13,7 miliardi di dollari. E con lui chi ha condiviso l’exploit in rete di Facebook, come Dustin Moskovitz, compagno di stanza nel dormitorio di Harvard, Edoardo Saverin e Sheryl Sandberg, direttore operativo della società. Anche il magnate George Soros sta facendo i suoi conti, visto che ha investito 10,6 milioni di dollari acquistando 341mila titoli Facebook nel secondo trimestre. Da allora, però, le azioni sono calate del 34%.
Effetto Facebook pure sul colosso svizzero Ubs, pronto ad avviare una causa al Nasdaq, reo di aver gestito in modo approssimativo secondo la banca - l’esordio sul mercato del social network. Ubs sostiene, in proposito, di aver subito una perdita di 349 milioni di franchi nelle attività su titoli azionari americani.
Ed effetto Facebook anche sulla fiducia, in frenata, degli investitori per le società del web: Groupon ieri era di nuovo in calo (- 5,83%) così come Zynga (-3,33%), lo sviluppatore di videogiochi per il social network di Zuckerberg che ne ha condiviso le sorti anche in Borsa.
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