Stefano Cao sarà il futuro ad di Saipem e Paolo Andrea Colombo il presidente. Sono questi i nomi proposti ieri dall'Eni per la controllata attiva nei servizi e nelle infrastrutture energetiche. Per loro una doppia sfida: ridurre il debito e fare business nonostante i tagli delle oil company. Con l'incognita petrolio. Nel tentativo di voltare pagina e rilanciare la società, dopo un biennio difficile, il cda del Cane a sei zampe ha deciso di cambiare passo proponendo, per l'assemblea del 30 aprile, l'ex manager e dg come amministratore delegato in sostituzione di Umberto Vergine, e l'ex numero uno dell'Enel alla presidenza al posto di Francesco Carbonetti.
Il ticket ha davanti a sé un compito difficilissimo. Basti pensare che nell'ultimo biennio il titolo del gruppo è passato da 30 a 9 euro, la migliore sintesi per descrivere il cortocircuito che ha colpito la controllata dell'Eni dopo due profit warning, una serie d'inchieste giudiziarie e il crollo del prezzo del petrolio.
Una china discendente iniziata nel gennaio del 2013, quando sono state riviste al ribasso, per la prima volta, le previsioni degli utili per il 2012, nonché le previsioni sui ricavi e i profitti del 2013 (profit warning) a causa di un rallentamento degli ordini dal Venezuela ai Paesi arabi e di svalutazioni ed extra costi su una serie di commesse già assegnate. A complicare il tutto, il fronte giudiziario. I vertici di Eni avevano da poco sostituito l'ex ad Pietro Tali dopo lo scandalo in Algeria per presunte tangenti pagate da Saipem per aggiudicarsi contratti nel Paese africano. Un duro colpo all'immagine internazionale del gruppo. A giugno dello stesso anno arriva, poi, la seconda doccia fredda e Saipem taglia di nuovo le previsioni sugli utili 2013, annunciando una perdita netta compresa tra 300 e 350 milioni. A ottobre dello stesso anno sfiora il terzo profit warning e l'anno si chiude con un rosso di 159 milioni (a seguito della riesposizione del bilancio 2012 in linea con le indicazioni Consob) e un indebitamento in ascesa a 4,7 miliardi. Il 2014 non ha risparmiato sorprese negative. Non solo per la necessità di gestire una porzione importante di contratti a bassa marginalità, ma perché il settore tutto viene travolto dal crollo del prezzo del petrolio.
Da giugno a dicembre le quotazioni passano da 100-110 dollari al barile a 45 dollari e le oil company di tutto il mondo (che danno lavoro a Saipem) iniziano a tirare i remi in barca. A fine anno, inoltre, Mosca annulla il progetto del gasdotto South Stream ed Eni (azionista con il 42,9%) blocca il piano di vendita della controllata. In questo contesto, e con un bilancio che a fine 2014 si chiude in rosso per 230 milioni, Cao eredita quindi un fardello pesante con tre sfide difficilissime di fronte a sé. «I due punti principali - spiega Andrea Scauri, analista di Mediobanca - sono quelli che riguardano un debito da ridurre pesantemente, affinchè Saipem possa stare in piedi da sola senza Eni; e fare business in uno scenario molto impattato dal taglio degli investimenti delle oil company». A fine 2014 il debito del gruppo di San Donato ammonta, infatti, a 4,4 miliardi e tutte le major mondiali hanno ridotto i piani di sviluppo, e quindi potenziali commesse per Saipem.
Terza e non ultima incognita riguarda il prezzo del petrolio e la sua evoluzione che potrebbero incidere non poco nello scenario mondiale di settore. Le scelte dei prossimi mesi saranno quindi strategiche e sotto la stretta lente degli analisti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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