L'economia dell'eurozona frena più del previsto, ma Mario Draghi nega che il rallentamento in atto possa degenerare in una recessione. E ciò vale anche per Italia e Germania, i Paesi indicati da molti come i più a rischio di scivolare a breve termine sul versante recessivo. Ma con una situazione potenzialmente destinata a peggiorare, dove le prospettive di crescita «si sono spostate al ribasso» anche per effetto delle tante criticità presenti sulla scena internazionale, la Bce si mantiene sul chi vive. «Ci siamo interrogati su dove siamo e perché siamo in questa condizione e se questo slowdown peggiorerà o rimarrà una fase superficiale». Così, con il quantitative easing finito ormai sul binario morto, si è preferito mantenere una posizione attendista. Draghi detta il ruolino di marcia: «Prenderemo del tempo - ha spiegato ieri al termine della riunione del direttivo - per verificare se questi elementi di rischio hanno avuto un impatto sulla fiducia e a marzo faremo nuove valutazioni anche sulla scorta delle nuove proiezioni di crescita che pubblicheremo».
È quindi il prossimo 7 marzo, giorno di convocazione del board, la data che potrebbe segnare un punto di svolta rispetto ai propositi, validi ancora solo qualche settimana fa, di serrare le maglie della politica monetaria. Soprattutto se le nuove stime indicassero un ulteriore deterioramento congiunturale. Posto che i tassi resteranno a livello zero «almeno fino all'estate» (e per un primo rialzo si dovrà attendere verosimilmente il 2020), l'intento di temporeggiare risulta evidente anche dal fatto che «non è stata presa alcuna decisione» sulla riattivazione delle Ltro, le aste di liquidità riservate alle banche, anche perché il restringimento del credito «è stato limitato all'Italia», sia pure in modo lieve. Ciò non significa però che, in caso di bisogno, Francoforte resterà con le mani in mano. «La Bce non ha esaurito tutte le sue munizioni, e la sua cassetta degli attrezzi è sempre lì - ha spiegato l'ex governatore di Bankitalia - . Abbiamo molti strumenti a disposizione e siamo pronti a usarli secondo la contingenza che si produce».
L'evoluzione del ciclo determinerà quindi le prossime mosse. Partendo però dall'assunto che «non appare come un evento probabile che vi sia una recessione nell'eurozona nel suo aggregato», così come non è ritenuta «una possibilità probabile» una contrazione del Pil in Italia e Germania. Le fonti di preoccupazione restano comunque le stesse su cui si è da tempo posata la lente dell'Eurotower: Brexit, protezionismo, turbolenze geopolitiche e volatilità dei mercati finanziari sono tutti fattori che stanno impattando sul clima di fiducia e che hanno contribuito a oscurare il quadro congiunturale.
Sempre riguardo all'Italia e in particolare riferendosi alle critiche alla vigilanza della Bce, Draghi ha replicato: «In varie occasioni, diversi governi hanno criticato la nostra politica monetaria o la nostra vigilanza. È comprensibile quando le cose non vanno come i politici vorrebbero, è anche comprensibile che la Bce non le ascolti».
Infine, sulla sua successione, il presidente della banca centrale l'ha messa sul divertito: «Non avverto l'urgenza di trovare un mio successore. Forse sono di parte, forse la gente mi vuole bene, ma, scherzi a parte, non decidiamo noi.
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