Più passa il tempo, e più Mario Draghi tende a somigliare a Janet Yellen. Ciò implica uno scarto piuttosto brusco dal rigido rispetto dell'ortodossia della Bce, a favore di una nuova scala di priorità. Dove al primo posto l'ex governatore di Bankitalia colloca ora la disoccupazione, «il peggior nemico dell'Europa: la disoccupazione in generale e la disoccupazione giovanile», spiega ai microfoni di Europe 1. Impigliata in una ripresa «modesta, debole e fragile» nonostante non vi siano «pericoli di recessione e di deflazione», l'eurozona ha bisogno di un cambio di passo, di togliersi di dosso quella cappa di sfiducia che è il primo elemento di freno per il mercato del lavoro. «Dobbiamo tutti lottare contro questa mancanza di fiducia», ha insistito Draghi. E quel «tutti» è un'ennesima chiamata in causa per i governi, un ulteriore sollecito a fare le necessarie riforme strutturali, il tassello-chiave da affiancare a un alleggerimento della pressione fiscale e «all'abolizione della burocrazia».
La Bce si è già da tempo gettata nella mischia. Tassi ridotti a zero, prestiti Trlro a famiglie e imprese, piano di acquisto di Abs pronto a decollare, seppur tra i mugugni tedeschi. E, con buona probabilità, non è ancora finita. Draghi lo fa più che intuire: la politica monetaria «resterà accomodante a lungo, e posso dirvi che il consiglio dei governatori della Bce è unanime nell'impegno a utilizzare gli strumenti a sua disposizione per riportare l'inflazione appena sotto il 2%». Resta quindi spalancata la porta che conduce verso il quantitative easing, l'arma con cui la Federal Reserve ha curato l'infezione sistemica causata dal virus dei mutui subprime. Quell'unanimità del board sbandierata da Draghi non va però equivocata: c'è piuttosto una «comoda maggioranza» che tifando per strategie ancora più morbide, di fatto depotenzia l'opposizione della Bundesbank, spaventata dalla possibile insorgenza di una bolla.
Ma con l'incombente rischio di precipitare in una situazione da Giappone anni '90 (deflazione più stagnazione), lo statuto Bce incentrato sulla lotta all'inflazione appare quantomeno anacronistico. Così, l'Eurotower allarga il proprio raggio d'azione alla lotta alla disoccupazione e si pone come obiettivo la ripresa economica, avvicinandosi al modello Fed. Del resto, se all'interno deve rintuzzare l'ostilità del capo della Buba, Jens Weidamnn, e degli altri falchi del Nord, all'esterno Draghi può adesso contare su un inatteso alleato: è la Bdi, la Confindustria tedesca, che senza mezzi termine ha accusato Angela Merkel di aver investito troppo poco e di essere corresponsabile della fase di debolezza che sta vivendo l'economia tedesca. Per il 2014 la Bdi si aspetta una crescita dell'1,5% del Pil, mezzo punto in meno di quanto previsto all'inizio dell'anno, mentre ieri l'indice Ifo ha confermato che il clima di fiducia delle imprese, ai minimi da 17 mesi, è plumbeo.
Insomma, ci sarebbero le condizioni per rompere gli indugi e varare un piano di acquisti di titoli di Stato. È verosimile, tuttavia, che la Bce voglia prima aspettare l'esito dell'asset quality review e degli stress test, anche se i mercati sembrano aver già colto nelle parole di Draghi la volontà di procedere con nuove misure non convenzionali.
L'euro è sceso infatti ieri sotto gli 1,28 dollari, a quota 1,2778, un rapporto di cambio che non si vedeva da ben 17 mesi. Dal maggio scorso, quando la moneta unica sfiorava 1,40 dollari, il deprezzamento è superiore all'8%. Ossigeno per le esportazioni e una prima vittoria per SuperMario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.