Guerra in Ucraina

Dubai, il paradiso fiscale degli oligarchi russi in fuga dalle sanzioni

I miliardari amici o ex amici di Putin sono in cerca di mete extralusso dove fare i loro affari e godersi i loro soldi

Dubai, il paradiso fiscale degli oligarchi russi in fuga dalle sanzioni

In tempi di guerra Dubai ha il potere di trasformarsi anche nel rifugio dei miliardari russi in fuga dalle sempre più pressanti sanzioni dell’Occidente. In questo mese sono arrivati in massa a Dubai, nella speranza di riuscire a “salvare” i loro patrimoni miliardari da confische e blocchi nei paesi in cui avevano investito. Gli oligarchi vicini al presidente con beni confiscati e conti bloccati, i super ricchi di Mosca nel campo delle armi, del petrolio, dei fertilizzanti o quant’altro, vedono sgretolarsi i loro imperi economici e pertanto cercano mete extralusso dove continuare a fare affari, trasferire i capitali e godersi i soldi. Ed ecco il piano B: l’emirato di Dubai è diventato la loro nuova cassaforte sulla sabbia per custodire il denaro. Jet, elicotteri e yacht russi sono finiti nelle mani di analisti che hanno costruito profili Twitter dedicati a tracciare tutti i loro movimenti, scoprendo che molti jet privati decollano da Mosca e atterrano a Dubai e i megayacht hanno girato la prua verso gli Emirati. Dubai, Abu Dhabi e tutti gli Emirati Arabi Uniti sono stati eletti a “nuovo regno” degli oligarchi che hanno prenotato, a tempo indeterminato, camere nei più lussuosi hotel, facendo registrare il tutto esaurito. In questi giorni nei resort a sette stelle di Dubai si sente parlare il russo molto più dell'arabo e sono introvabili suite da cinquemila euro a notte.

“Ormai in ogni luogo della capitale emiratina, si sente parlare russo. Ci sono zone e centri commerciali dove addirittura cominci a dubitare di essere a Dubai – conferma Roberto Manzi International Tax Advisor della SGR Consulting FZCO di Dubai, società operante nel company set up e nella consulenza finanziaria e fiscale a livello internazionale -. Avevano investito e portato ingenti capitali in Europa e in altre parti del mondo, avevano preso residenza sempre in diverse parti del mondo, Europa compresa e i loro yacht erano attraccati nei porti più esclusivi del pianeta. Ma praticamente ovunque sono cominciate confische, blocchi e sequestri, ai danni di capitali e beni russi”. Espropriati dei loro immobili a Londra, New York, Saint Tropez, Parigi e Porto Cervo, e cacciati dalle banche inglesi, svizzere e lussemburghesi, l’unico porto sicuro è diventato Dubai dove trovano ancora un paradiso fiscale e bancario accogliente e dove i loro soldi sono molto graditi. Così, le ditte di criptovalute a Dubai sono prese d’assalto dalle innumerevoli richieste di liquidazioni miliardarie da parte dei russi che cercano un rifugio finanziario per le loro risorse. Ma perché proprio Dubai? Perché gli Emirati Arabi hanno assunto una posizione neutrale nei confronti del conflitto e Dubai è il luogo migliore dove portare capitali e trasferire yacht e altri beni di lusso. La guerra in Ucraina però non ha fatto altro che accelerare il processo di spostamento dei capitali russi a Dubai, che era in verità già cominciato da diversi anni.

“Se fino a qualche mese fa, la ragione principale per la fuoriuscita dei capitali dall’ex Unione Sovietica era la tassazione pressoché pari a zero – continua Manzi -, la qualità della vita in continua crescita e le opportunità di business ed investimento senza pari nel mondo, oltre che a una relativa vicinanza all’ex Unione Sovietica, oggi tutto questo sembra passare in secondo piano e l’unica ragione è quella di riunire in un unico posto sicuro i capitali che i russi che avevano “disperso” in diverse parti del mondo. Qui a Dubai beni e capitali, infatti, entrano in una vera e propria cassaforte intoccabile. Per questi motivi ci aspettiamo che questo fiume di soldi che sembra non avere fine, continui ad arrivare in modo massiccio. I miliardari sovietici stanno prendendo residenza in massa nella capitale emiratina, tanto da causare un congestionamento degli uffici statali deputati appunto al rilascio di visti e carte di identità”. Si pensi che prima della guerra in Ucraina, per ottenere la residenza negli emirati ci volevano 20-25 giorni: adesso, invece, si va oltre il mese per il primo appuntamento, per poi riuscire a completare le pratiche in non meno di due mesi. “E più la guerra andrà avanti e più Dubai e tutti noi che lavoriamo nel campo della finanza e del company set up ne trarremo beneficio – spiega Manzi -. Ormai oltre che una necessità, per i russi è diventata praticamente una moda, ed avere la residenza a Dubai diventa sempre di più uno status elitario. E quindi, mentre nel resto del mondo continua la caccia ai capitali russi e inflazione e prezzi vanno alle stelle, Dubai sta godendo di un periodo decisamente florido, che sembra andare continuamente in crescendo”.

Lo conferma anche Daniele Pescara, ceo di Falcon Advice società che da anni sostiene nuovi imprenditori intenzionati a costituire o trasferire le proprie società a Dubai, soprattutto in questo periodo di instabilità economica, prima con la pandemia e adesso con la guerra: “La compattezza dell’Occidente potrebbe non bastare. La forza delle sanzioni europee non ha precedenti e ci sono aree del mondo dove gli straricchi trovano facilmente asilo. Come Dubai, appunto. Dubai ancora una volta si mostra "neutrale" e stabile. Le pressioni internazionali non fanno perdere il focus del Paese che è finalizzato alla crescita economica e alla tutela della privacy degli individui. Nel Golfo la Russia è ben vista e rispettata per il suo ruolo militare in questa zona del mondo e viene vista come un partner rassicurante. Per tale ragione il ruolo del Medio Oriente nella guerra in Ucraina è decisivo. La partita si gioca soprattutto sul campo del petrolio, che ha permesso la crescita miliardaria dei Paesi mediorientali. Finché il costo del greggio resta al di sopra dei 110 dollari al barile, Putin avrà ancora abbastanza incassi da riuscire a finanziare la guerra. Tutto grazie agli ottimi rapporti che la Russia ha saputo costruire negli anni con l’Opec (l’Organizzazione dei Paesi che estraggono, lavorano ed esportano il petrolio)”. Emirati e Arabia Saudita potrebbero quindi creare grosse difficoltà a Mosca, se solo aumentassero la produzione di greggio, decretando quindi un abbassamento dei prezzi. Sono, infatti, le uniche due nazioni con un’ampia capacità produttiva ancora in parte inutilizzata.

E questo potrebbe rappresentare un duro colpo per la Russia, ben più duro del simbolico embargo americano che, al momento, sta avendo forti ripercussioni solamente sull’economia occidentale.

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