EasyJet "sbarca" dall'Alitalia, nazionalizzazione più vicina

Delta non oltre il 10%, riparte la caccia al cavaliere bianco. Ma il piano rischia di finire dopo le europee

EasyJet "sbarca" dall'Alitalia, nazionalizzazione più vicina

Il piano per la New Alitalia torna in bilico e potrebbe slittare a dopo le elezioni europee, quindi a fine maggio. A poche settimane dalla presentazione, già finita ai supplementari dal 31 marzo alla vigilia di Pasqua, EasyJet si sfila dalla partita per il salvataggio di Alitalia e lascia in panne il governo giallo-verde, le Fs (socio pubblico che guida la trattativa), e l'americana Delta, l'unico socio industriale del settore ora in cordata.

Un passo indietro pesantissimo quello della compagnia britannica low cost che sarebbe stato motivato dall'impossibilità di usare Milano come base per il proprio hub dei voli point to point. «Che Easyjet volesse questo da Alitalia lo si sapeva fin dall'inizio», spiega un fonte vicina alla vicenda che non si «stupisce del dietrofront, proprio ora che si deve passare dalle parole ai fatti, fatti che non rendevano strategica, nemmeno per le Fs tra l'altro, la presenza di Easyjet».

Così rischia di rivelarsi un boomerang per il governo quella che doveva essere un'operazione industriale importante: la compagnia rimessa in piedi dai commissari grazie al prestito-ponte del governo da 900 milioni (già prorogato tre volte), per poi essere venduta al miglior offerente. L'addio di Easyjet, che aveva coperto il «buco» lasciato da Air France-Klm, scompagina, infatti, completamente il futuro già incerto di Alitalia. E prospetta una nazionalizzazione di fatto. A bocce ferme Alitalia sarebbe pubblica al 90%, perché l'unico socio privato, Delta, non andrà oltre il 10% del capitale. Il 10-15% non coperto dalla compagnia low cost potrebbe essere destinato alle Fs, rispetto al 30% stabilito. Tuttavia, voci vicine alla vicenda escludono questa ipotesi perché il vertice del gruppo sarebbe intenzionato a mantenere la quota stabilita. Anche per questo, nel week-end, l'ad Gianfranco Battisti, si è recato negli Usa per incontrare il ceo Ed Bastian e tentare un maggiore coinvolgimento di Delta.

Il limite imposto dalle Fs sarebbe comunque solo uno dei problemi sul tavolo del vicepremier Luigi Di Maio. Chi coprirà il resto del capitale? All'appello manca almeno un nuovo socio che sia disposto, in cordata, a mettere sul piatto 1 miliardo.

Delta e Fs stentano a totalizzare, insieme, il 40% e un altro 15% potrebbe arrivare dal Tesoro con la conversione del prestito ponte. Il salvataggio di Alitalia si potrà chiudere solo se ci saranno altri soggetti disponibili a sottoscrivere il 45% residuo. Le ricerche sono riprese. Un netto no è arrivato di recente da Eni e Leonardo. Le Poste non hanno escluso nettamente di poter partecipare, e anche la via Fincantieri non sarebbe fuori gioco, così come Cdp, ma solo con Fintecna. Ma fonti vicine al governo parlano «di trattativa più che in salita che, per ragioni politiche, potrebbe finire a dopo le elezioni». Una nazionalizzazione di fatto, con dispendio di risorse pubbliche, non sarebbe una grande spot per il Movimento 5 Stelle. Così come l'estrema ratio, non ancora esclusa, di coinvolgere i tedeschi. L'operazione lacrime e sangue con Lufthansa prevederebbe 3mila esuberi. Il nuovo scenario aumenta l'allarme dei sindacati, che sciopereranno il 25 marzo.

E questo in una giornata che vede una nuova fumata nera al ministero del Lavoro. Nella trattativa per l'allungamento del regime di cassa integrazione straordinaria, che scade il 23 marzo, Alitalia ha chiesto la proroga al 23 settembre.

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