Leggi il settimanale

Ecco le «cenerentole» di Piazza Affari

Da inizio anno l'indice Ftse Mib ha guadagnato il 25%, lo Star 15 punti percentuali in più grazie alla politica monetaria della Bce, ai tassi rasoterra e alle attese di ripresa dell'euro zona. Non solo, anche tutti gli indici settoriali di Piazza Affari sono in forte rialzo, con la sola eccezione di quello delle materie prime. Persino il comparto energetico, peraltro molto penalizzato dal crollo del petrolio, sale di una manciata di punti percentuali da gennaio.

Nonostante l'impennata generale, non mancano tuttavia azioni rimaste indietro nella corsa. Vale, quindi, la pena analizzare quali tra queste potrebbero rivelarsi delle «Cenerentole», oggi trascurate dal mercato, ma forse candidate in prospettiva a salire sul trono.

Tra le cosiddette Blue Chip, i pesi massimi del listino milanese, si registrano soltanto due performance negative (e sono entrambe motivate): Saipem da inizio anno ha perso il 10% circa, appesantita dalle svalutazioni e dal taglio degli obiettivi; Tenaris è invece scesa del 6% complice il rallentamento delle attività di perforazione da parte delle compagnie petrolifere. Grazie al rapido recupero dell'ultimo periodo, Mps viaggia sulla parità (anche se il divario rispetto ad agosto 2014 resta pari al 65%).

Nell'intero listino di Piazza Affari, comunque, i segni negativi non superano la trentina. I casi di «rosso» sono spesso facilmente spiegabili come per i titoli «sottili» (Dmail perde l'8,4%, Eems il 5,6%, Edison risparmio il 12%) o per le società in via di ristrutturazione come Zucchi o Aeffe, entrambe in frenata del 18 per cento. Altre volte le performance borsistiche deludenti costituiscono invece un rebus. Perché si tratta di gruppi solidi, su cui gli analisti hanno compilato «pagelle» confortanti, ma che non decollano a dispetto del rally.

Qualche esempio? Brunello Cucinelli (-5,8%), a lungo tra i titoli prediletti dagli analisti, quest'anno non riesce a ingranare. È vero che non è un titolo «economico» (alle quotazioni attuali passa già di mano a più di 30 volte gli utili attesi nel 2016), ma resta pur sempre un gruppo in crescita e un'icona del made in Italy di altagamma nel mondo. Si aggiungono alla lista realtà come Parmalat, inchiodata sulla parità proprio mentre brilla il comparto dei beni di consumo (+45% il Ftse all-share consumer goods da gennaio), Banca Profilo (-11%) che pure ha utili in crescita, Danieli (-8,8%) che ha da poco avuto una commessa negli Usa, Carraro (-1,7%) o Save (-1,9%). Deludono peraltro anche alcune Ipo dell'ultimo anno: da Fincantieri (-4,6%) a Banzai (-10%) fino ad Aeroporto di Bologna (invariata). La stessa Generali avanza solo di misura (+4,4% da gennaio), nonostante il piano industriale presentato a maggio segni il ritorno alla crescita dopo un complesso turnaround.

Ci sono poi alcuni alcuni titoli che, pur avendo registrato crescite importanti, sono rimasti nelle retrovie rispetto al comparto di riferimento. Ad esempio Unicredit (+15,7%) è rimasta indietro di una ventina di punti rispetto alla media del comparto bancario (+35% il Ftse all-share banks) e Ubi di quindici punti.

Venti punti di distanza separano poi la performance di Ansaldo rispetto alla media degli industriali, e quindici punti costituiscono il divario tra l'andamento di Tod's (che pure guadagna il 30%) e il suo settore di riferimento. Nel comparto dei media (+30%), sono rimasti indietro di una manciata di punti percentuali sia L'Espresso sia Mondadori. Con un rally vicino al 50% il comparto auto doppia infine le performance Piaggio e Cnh.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica