La ritirata dei grandi marchi: le mosse di H&M, Zara e Gap

L'ultima chiusura annunciata in ordine di tempo è quella dello store nel centro di Piacenza

La ritirata dei grandi marchi: le mosse di H&M, Zara e Gap

L'ultima chiusura annunciata in ordine di tempo è quella dello store nel centro di Piacenza. Ma la catena di negozi svedese di abbigliamento retail Hennes & Mauritz (conosciuta come H&M) in realtà sta da tempo riorganizzando la sua rete di vendita in Italia (e non solo). Nei mesi della pandemia avevano abbassato la serranda 7 punti vendita, di cui due a Milano. E l'azienda, guidata dalla ceo Helena Helmersson, continuerà a farlo: come si legge sui conti del primo trimestre, nel 2022 prevede di aprire 94 punti vendita e di chiuderne 272 per una cura dimagrante da 178 negozi (nel 2021 ne aveva tagliati 250). Molte delle nuove aperture saranno in Paesi emergenti come Ecuador, Kosovo e Macedonia del Nord. Mentre le chiusure riguarderanno principalmente i Paesi sviluppati, categoria in cui evidentemente c'è anche l'Italia.

Anche la spagnola Inditex, guidata dal ceo Óscar García Maceiras, già nel 2020 aveva annunciato un taglio da 1.200 store. E ora prevede che, entro il 2024, oltre il 30% dei suoi ricavi dovrà arrivare dall'online. Per questo non sono più necessari tanti negozi fisici: da aprile 2021 al 30 aprile 2022 sono 335 in meno, a quota 6.423. La catena, capofila di Zara e di altri brand molto noti nel nostro Paese, ha sforbiciato più di tutti il marchio Massimo Dutti, passato da 750 punti vendita a 633. Una riorganizzazione che ha riguardato anche l'Italia, come per esempio a Firenze dove l'azienda ha chiuso nel 2021 uno dei suoi due Zara.

Alla lista dei brand stranieri che stanno ridimensionando la presenza nel nostro Paese, recentemente se n'è aggiunto uno che proprio ha deciso di abbandonarla ed è la catena statunitense Gap, il cui ceo, Sonya Singal, si è dimesso lo scorso luglio dopo che l'azienda ha registrato un rosso di 49 milioni di dollari nel secondo trimestre dell'anno. Al suo posto è subentrato ad interim il presidente Bob Martin. Lo storico marchio Usa ha deciso di abbandonare tutto il mercato europeo, per puntare forte sull'online. Entro la prima settimana di ottobre, il suo punto vendita più rappresentativo a Milano, su Corso Vittorio Emanuele II, spegnerà definitivamente le luci. A parte quest'ultimo, tutti gli altri 10 punti vendita saranno acquistati dal gruppo italiano Ovs.

«Da parte delle grandi catene c'è la tendenza a investire su e-commerce e a diminuire il costo del lavoro», spiegano al Giornale dalla Fisascat Cisl. I sindacati, in questo periodo, sono tra l'altro impegnati nel rinnovo dei contratti di settore. Uno stallo che dura da diverso tempo e che rischia di non essere agevolato dai rincari dell'energia. «Le bollette salate», proseguono da Fisascat Cisl, «influiranno sulla capacità di fare utili delle imprese. Inoltre, l'espansione dell'e-commerce sta impattando in modo particolare le piccole imprese, che rappresentano l'85% del settore». Ed è per questo, rilevano dal sindacato, che sta aumentando il numero delle vertenze.

Tutto questo fa parte del grande trend di trasformazione del mercato dell'abbigliamento retail, in cui l'online sarà sempre più rilevante.

Secondo quanto raccolto dal Giornale, nel nostro Paese esistono realtà che tuttora registrano volumi di visite nei negozi fisici fino al 20% inferiori rispetto al pre-covid. E, più che ai timori dei rincari, a preoccupare i manager è la potenziale riduzione della capacità di spesa dei consumatori.

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