Le acque di Rcs tornano agitate. Sembrava tutto pronto per la presentazione della lista di maggioranza per il rinnovo del cda, con il raggiungimento martedì sera di un accordo tra i principali soci. Ma ieri John Elkann, presidente di Fca (primo socio di Rcs al 18% del capitale) ha rimescolato le carte. Lo ha fatto con una dichiarazione piuttosto irrituale rilasciata all' Ansa . Una presa di posizione che è parsa un macigno, considerando il peso della Fiat nell'azionariato Rcs e lo stretto legame che ha visto finora unite Fca e Mediobanca (tra gli azionisti forti), artefice e intermediario nella formazione della lista per il rinnovo del cda di Rcs, che fa perno proprio sul primo socio. Il tutto a soli 4 giorni dalla scadenza della presentazione.
«Non siamo promotori di nessuna lista», ha dichiarato Elkann, come a prendere le distanze da un elenco di nomi a cui ha lavorato sì Mediobanca, ma su mandato proprio di Fca. A questo elenco (Maurizio Costa, Pietro Scott Jovane, Gerardo Braggiotti, Tom Mockridge, Laura Cioli, Teresa Cremisi) sarebbe arrivato il sostengo di Unipol, Pirelli e perfino di Diego Della Valle, più volte polemico sulla gestione di Rcs. Ma qualcosa non ha funzionato. Come se Mediobanca avesse - martedì - forzato i tempi, dando per certa una lista che ancora non era del tutto condivisa a Torino. Non tanto nei nomi, ma quanto più sul concetto di consiglieri adatti a guidare un moderno gruppo editoriale e su governance e deleghe (specie quelle future da assegnare al presidente Costa). «Spero che Mediobanca riesca a costituire una lista libera da logiche di lottizzazione, composta da persone di qualità e di competenza per dare un futuro a Rcs. Se vedrà la luce, siamo pronti a sostenerla», ha poi aggiunto Elkann, lasciando il chiaro sapore di un'opera tutt'altro che conclusa.
Quando invece appare chiaro che Piazzetta Cuccia la lista l'ha ormai predisposta. Il punto è che sembra che Elkann, seccato dall'interpretazione di una lista-Cencelli, abbia con questa uscita chiesto una sorta di «bollino blu» a Mediobanca. Una garanzia che questo cda non abbia altri futuri padroni che non siano il business e il mercato. Di qui l'accenno alle «logiche di lottizzazione» e alla «qualità».
Lo scenario un po' burrascoso di ieri ha registrato anche Intesa (socio al 4,1%), che ha ribadito di voler uscire.
«Le liste di nomi non mi interessano», ha precisato l'ad Carlo Messina a chi gli chiedeva se avrebbe sostenuto la lista di maggioranza. Il manager ha poi ribadito che «l'obiettivo è quello di vendere entro il 2017». Una posizione forse non del tutto in linea con il presidente Giovanni Bazoli, considerato il «padre putativo» del Corriere .- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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