Utili oltre il consenso che sfiorano 1,4 miliardi di euro, debiti in calo e incassi netti operativi raddoppiati a 4,1 miliardi. Eni brinda ai conti del terzo trimestre grazie ai risultati della divisione Esplorazione e Produzione e alla risalita del prezzo del petrolio che, nel periodo, ha registrato un valore medio di 75 dollari (Wti a 66 dollari e Brent a 76 dollari, ieri).
Numeri solidi, che lasciano alle spalle un anno nero come il 2017, sostenendo il titolo in Borsa in una giornata difficile: con il Ftse Mib che ha chiuso in calo dello 0,70%, l'azione è rimasta positiva a quota 15,13 euro (+1,07%). Una ritrovata forza per il gruppo che stride con le tensioni economiche del sistema Paese. Anche per questo, commentando i dati, la società ha espresso amarezza per il recente downgrade al rating (merito di credito) subito da Moody's sulla scia della bocciatura all'Italia: «Non lo meritiamo, è legato alla decisione sul rating sovrano. Noi abbiamo avuto una performance migliore del previsto. In ogni caso, questa decisione non avrà un impatto negativo sulla nostra capacità finanziaria. Il nostro bilancio è solido. Non sono preoccupato», ha commentato il cfo, Massimo Mondazzi.
Guardando nel dettaglio ai numeri, il terzo trimestre ha visto l'utile netto balzare a 1,53 miliardi dai 344 del terzo trimestre 2017 con l'utile netto adjusted a 1,38 miliardi. Sui 9 mesi, l'utile netto è salito a 3,73 miliardi (+181%) e quello adjusted è raddoppiato a 3,13 miliardi.
«Sono particolarmente soddisfatto dei risultati del trimestre, che ci hanno consentito di produrre una generazione di cassa eccellente ha commentato l'ad Claudio Descalzi - Gli incassi netti operativi sono stati pari a 4,1 miliardi, il doppio rispetto al terzo trimestre 2017 e, ancora più importante, il 35% in più rispetto al secondo trimestre 2018 che aveva registrato un prezzo medio del Brent simile all'attuale. Tutti i business hanno operato bene». Grazie a questa performance, ha aggiunto l'ad, «raggiungiamo un debito netto di 9 miliardi, in riduzione di circa 900 milioni rispetto a fine giugno, pur avendo già corrisposto tutti i dividendi di competenza di quest'anno. Possiamo inoltre confermare per il 2018 una neutralità di cassa di gruppo, compresa la copertura dei dividendi, a 55 dollari al barile, oltre 20 dollari più bassa rispetto alle quotazioni attuali del Brent, a testimonianza della disciplina finanziaria che siamo determinati a mantenere nel tempo». Un dato importante perché se è vero che le ultime scoperte di Eni sono per lo più legate al gas (soprattutto in Africa), è altrettanto vero che il mix di produzione rimane a metà (50-50) con il petrolio.
Unico dato negativo di tutti i conti, riguarda una stima inferiore alle previsioni della produzione di idrocarburi che crescerà del 3% invece che del 4 per cento. A pesare, una domanda inferiore di gas in Libia, Venezuela e Ghana.
Quanto all'eventuale buyback, la decisione finale è posticipata a marzo 2019, con il nuovo piano. «Il buyback resta una priorità.
La nostra remunerazione si basa su due gambe: dividendo progressivo e buyback se ci saranno le condizioni di leverage e se sarà così lo faremo», ha spiegato il cfo. A proposito di dividendi, ieri gli analisti di Equita, commentando i conti, hanno prospettato la possibilità, a fronte di questi risultati , che Eni decida di migliorare la remunerazione per gli azionisti.
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