Tutto Stato e famiglia: sono le multinazionali italiane, fotografate dall'indagine annuale di R&S Mediobanca. Nel nostro Paese c'è una sola public company, Prysmian, che vale il 2% dell'attivo complessivo: tutto il resto è diviso equamente tra imprese pubbliche e a controllo familiare, contro il 12% e il 22% rispettivamente della media europea. Del resto, i gruppi italiani di respiro transnazionale non sono molti: solo 16, secondo i criteri adottati da Mediobanca, che fissa a 3 miliardi la soglia minima di fatturato per entrare nel club dei big, e pesano sul Pil per il 10,3%, poco più delle 4mila medie imprese italiane.
Tuttavia dal settore arrivano segnali incoraggianti: sul piano dell'occupazione - anche se assumono più all'estero che in Italia - e su quello della tecnologia, che vede l'aumento dei ricavi high tech, ora in linea col resto del Vecchio Continente. Proprio la ricerca in alta tecnologia viene considerata dall'ufficio studi di Piazzetta Cuccia come una carta da giocare, visti i buoni rendimenti, per le multinazionali europee e nordamericane, che vedono i loro ricavi sempre più erosi dai giganti asiatici.
Tuttavia, nella top ten mondiale, la giapponese Toyota Motor è stata scavalcata- grazie al «gioco» dei cambi - dalla multinazionale russa dell'energia Gazprom, che con 299,2 miliardi di euro di totale attivo nel 2012 ha scalato due posizioni in classifica, superando la società nipponica (283 miliardi) e la britannica Royal Dutch Shell (269,7 miliardi). La prima italiana nella classifica mondiale delle multinazionali è sempre Eni, stabile al dodicesimo posto,con 134,6 miliardi di attivo. Exor, che aveva preso il volo lo scorso anno grazie a Chrysler, ha conquistato ancora una posizione, salendo dal ventunesimo al ventesimo posto (con 102 miliardi), dietro a Nissan (106 miliardi). La successiva italiana tra le industriali è Finmeccanica, scesa dalla 105esima alla 110ma posizione. Tra i giganti mondiali delle utilities, Enel sale per la prima volta sul podio piazzandosi al terzo posto dopo le francesi Edf e Gdf Suez e scavalcando la tedesca E.On.
Eni è anche l'unica italiana presente nella classifica di Pricewaterhousecoopers sulle 100 maggiori società mondiali per capitalizzazione, anche se è passata dalla 38esima alla 79esima posizione, con una capitalizzazione scesa da 137 a 82 miliardi.
La crisi ha colpito soprattutto l'Europa che nel 2008 aveva 26 società tra le top 100 e oggi ne ha solo 14, e anche l'Italia ne ha risentito.
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