Produzione record, ma meno utili per Eni nel terzo trimestre dell'anno. A licenziare i conti del Cane a sei zampe l'ad Claudio Descalzi che, a sei mesi dalla scadenza del proprio mandato, ha detto di «guardare al futuro più prossimo, così come a quello di transizione nel medio lungo termine, con grande fiducia nonostante il difficile scenario odierno». Un contesto fatto di tensioni commerciali, di volatilità dei prezzi e di una importante transizione energetica che sta cambiando le dinamiche mondiali di petrolio e gas.
Così, guardando ai numeri del gruppo, salta all'occhio come la macchina-Eni viaggi a gran ritmo registrando una «forte crescita» della produzione di idrocarburi con 1,89 milioni di boe/giorno (+6%), «il dato migliore di sempre», ha sottolineato il direttore finanziario, Massimo Mondazzi stimando «un ulteriore incremento della produzione nel quarto trimestre». Merito del contributo di Egitto (dove ieri il gruppo ha annunciato una nuova scoperta), Kazakhstan, Ghana e della prima produzione dal Messico, ottenuta a soli undici mesi dalla decisione finale di investimento.
Tuttavia, la società milanese ha chiuso il terzo trimestre dell'anno con un utile netto a 523 milioni, in calo del 66% rispetto all'anno precedente e un utile netto adjusted di 776 milioni di euro, in calo del 44% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. A pesare, appunto, lo scenario difficile e i prezzi in calo di petrolio e gas: le quotazioni del Brent sono scese del 18% rispetto al terzo trimestre del 2018 passando da 75,2 dollari al barile a 61,94 dollari, mentre il minor prezzo del gas (-50%) in Europa ha pesato per 340 milioni nel trimestre e per 520 milioni nei nove mesi.
Tornando ai nove mesi, l'utile netto è sceso a 2,04 miliardi (-45%) e l'adjusted a 2,33 miliardi (-26%). Numeri non brillanti, anche se migliori delle attese: il consenso Bloomberg si aspettava un calo persino maggiore, attorno a 2 miliardi.
Gli acquisti sono stati frenati (ieri il titolo ha chiuso in calo dello 0,69% a 14,04 euro) dalla leggera revisione degli investimenti a 8 miliardi e dall'indebitamento. Escludendo l'applicazione dell'Ifrs 16 (principio contabile), è ammontato a 12,7 miliardi, in aumento del 53% rispetto al 31 dicembre 2018 per via dell'acquisizione del 20% di Adnoc Refining (2,9 miliardi), dei 5,6 miliardi di investimenti netti e dopo aver pagato 3,24 miliardi agli azionisti sotto forma di dividendi e riacquisto azioni proprie.
«I risultati conseguiti da Eni ha tenuto a precisare l'amministratore delegato Claudio Descalzi sono stati di grande solidità, mentre le operazioni di portafoglio quali l'acquisto degli asset Exxon in Norvegia e del 20% della raffineria di Ruwais negli Emirati sono destinate a
dare un'ulteriore spinta in termini di sviluppo e di stabilità».Infatti, per il 2019, Eni stima un livello produttivo medio di idrocarburi di 1,87-1,88 milioni di barili/giorno in uno scenario di budget di 62 dollari/barile.
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