Anche il 2013 sarà per l'eurozona un anno tutto in salita, alla ricerca del tempo perduto, quando un'economia in salute garantiva solidità e prospettive occupazionali. Ora che la crisi del debito sovrano fa meno paura, pur non essendo stata del tutto silenziata, i nodi dell'economia reale stanno venendo al pettine: le dosi massicce di austerity e le iniezioni di rigore hanno (forse) curato la malattia, ma hanno debilitato il paziente. Fuor di metafora, la Banca Mondiale ci sbatte in faccia, con la crudezza delle cifre, quanto in fondo già sapevamo: quest'anno Eurolandia scivolerà in recessione, con il Pil destinato a contrarsi dello 0,1%.
Il calo è lieve, e il purgatorio dovrebbe durare appena 12 mesi: a fine del 2014 la luce della crescita dovrebbe essere accesa (+0,9%). Ma sulle stime del biennio pesa una maxi-variabile, in grado di condizionare l'economia globale. È quella che gli esperti di Washington considerano la minaccia numero uno: la paralisi fiscale negli Stati Uniti, provocata dal braccio di ferro tra Casa Bianca e repubblicani sul budget. Scampato in extremis il pericolo del fiscal cliff, adesso il litigio si è spostato sul tetto del debito, ormai a un soffio dal limite imposto per legge di 16.394 miliardi. Se questo nodo non verrà sciolto, anche gli Usa saranno risucchiati dal vortice recessivo (-0,4% quest'anno) e finiranno per rallentare dell'1,4% il Pil mondiale, per il momento previsto in espansione del 2,4 per cento.
«Il 2013 è un anno rischioso», mette in guardia il capo economista della Banca Mondiale, Kaushik Basu. Ci vuole poco per passare dal purgatorio della stagnazione, all'inferno di una crisi economica seria, destinata a mandare in tilt non solo i propositi di risanamento dei conti pubblici, ma soprattutto il mercato del lavoro. Eurolandia, peraltro, soffre da tempo di un gravissimo deficit occupazionale. Gli ultimi dati Ocse lo confermano: lo scorso novembre il tasso dei senza-lavoro ha stabilito un nuovo, e poco invidiabile record, toccando l'11,8%. L'Italia è un soffio sotto la media (11,1%), ma deve fare i conti con l'esplosione di giovani a spasso: sono il 37,1% contro il 36,5% di ottobre. Di politiche di sviluppo, d'altra parte, durante tutto il periodo della crisi del debito non se n'è vista l'ombra. Tanto meno alleggerimenti del cuneo fiscale, il vero maglio ammazza-imprese. Il premier spagnolo Mariano Rajoy è andato ieri in pressing sulla Germania, sollecitata a impegnarsi di più per favorire la crescita di tutti. Il problema è che l'economia tedesca è in debito d'ossigeno, come si è visto con la contrazione dell'ultimo trimestre 2012 (-0,5%) e pure nelle stime 2013 di Berlino (+0,4%).
La Banca Mondiale ci mette fin d'ora sull'avviso: anche se il pericolo di una grave crisi finanziaria è diminuito in modo sostanziale grazie al «notevole miglioramento» della fiducia nei confronti del mercato europeo, «è troppo presto per abbassare la guardia».
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