Economia

Evergrande sul ciglio del crac. Ma si gioca la carta del rinvio

Sì alla proroga di tre mesi su un bond da 260 milioni. Entro domani servono altri soldi o sarà bancarotta

Evergrande sul ciglio del crac. Ma si gioca la carta del rinvio

La bancarotta di Evergrande è sempre più vicina. Se il gruppo immobiliare cinese, gravato da debiti per 300 miliardi e in crisi di liquidità, non avrà saldato entro domani gli interessi finora non pagati su un bond off-shore scaduto un mese fa, scatterà il default tecnico. Il gruppo di Shenzen sta cercando disperatamente di restare a galla usando l'unica arma rimasta a disposizione: prendere tempo con i creditori. Una prima pezza è stata messa ieri su un'obbligazione da 260 milioni, emessa dalla joint venture Jumbo Fortune Enterprises e garantita dalla stessa Evergrande, con la deadline dei rimborsi spostata di tre mesi.

Per ottenere l'estensione, il presidente di Evergrande, Hui Ka Yan, ha dovuto accettare di finanziare di tasca propria il completamento di un progetto residenziale legato al bond. Del resto, gli obbligazionisti non hanno il coltello dalla parte del manico: non accettare la procrastinazione dei rimborsi significherebbe dover far fronte a un crollo disordinato della società e a una lunga battaglia legale.

Anche perché, in assenza di misure di salvataggio da parte delle autorità di Pechino, si sta rivelando una missione impossibile il reperimento del cash necessario per ripagare i creditori.

Dopo non essere riuscita, la scorsa settimana, a vendere per 1,7 miliardi di dollari la sua sede di Hong Kong, mercoledì è fallito anche il tentativo di cedere per 5 miliardi il 50,1% di Evergrande Property Services Group a Hopson Development Holdings. Una situazione finanziaria tragica, costata ieri in Borsa alle azioni Evergrande un tonfo del 12,5% nella prima seduta di contrattazioni dopo una sospensione di oltre due settimane.

Il redde rationem è fissato per domani, quando termina il periodo di grazia di un mese su un bond le cui cedole, per un controvalore di 83,5 miliardi, non sono state versate lo scorso 23 settembre. Pur ammettendo ieri in un comunicato che «non vi è alcuna garanzia che il gruppo sarà in grado di far fronte ai propri obblighi finanziari», il colosso immobiliare ha anche sottolineato, senza dare ulteriori spiegazioni, che il periodo di grazia non è ancora scaduto. Sotto il profilo tecnico è vero, ma in poco più di 24 ore resta difficile capire come sarà possibile reperire l'importo dovuto, visto che di aiuti da parte del governo cinese non se ne vede l'ombra. Il Dragone tende a minimizzare le possibili implicazioni di un crac di Evergrande. Qualche giorno fa, la People's Bank of China (Pboc) è intervenuta per sottolineare che il settore del mattone è «nel complesso sano» e che Evergrande, accusata di aver diversificato «alla cieca», è tutto sommato «un rischio controllabile», non un virus in grado di propagarsi all'intera economia cinese.

Eppure, i danni creati dalla crisi del real estate, dove molte big hanno l'acqua alla gola, già si vedono nella frenata della crescita, che nel terzo trimestre non è andata oltre il 4,9% rispetto al +5,2% previsto dagli analisti.

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