Fallisce il vertice tra i paesi produttori di petrolio, riuniti a Doha, in Qatar, con l'obiettivo di congelare la produzione e far risalire i prezzi del greggio sui mercati internazionali. La tensione tra Arabia Saudita e Iran ha prevalso sulle buone intenzioni delle altre nazioni presenti (tra i 13 Paesi dell'Opec sono intervenuti Qatar, Venezuela, Algeria, Angola, Ecuador, Indonesia, Iraq, Kuwait, Nigeria ed Emirati arabi, a cui si sono aggiunti Oman, Russia, Azerbaigian, Kazakistan e Messico; assenti altri big quali Usa, Cina, Canada o Norvegia) e la riunione è stata a lungo interrotta nella ricerca di un compromesso, mai arrivato, sul testo finale della possibile intesa.
I sauditi hanno posto il veto su un accordo che non avesse contemplato la partecipazione anche di Teheran. Ma il governo iraniano, da poco uscito dall'embargo che per anni ha tagliato fuori il Paese dal commercio internazionale, ha sin da subito manifestato la sua piena contrarietà ad accettare alcun limite al proprio export petrolifero. Il ministro del Petrolio ha infatti evitato anche solo di partecipare al vertice, definendo nei giorni scorsi le obiezioni saudite «ridicole». La bozza iniziale di accordo di fronte alla quale si sono ritrovati i rappresentanti di molti Paesi Opec, ma anche di non appartenenti all'organizzazione, come la Russia, proponeva di porre come tetto alla produzione i livelli di gennaio scorso, da mantenere intatti fino ad ottobre prossimo.
L'Arabia Saudita ha insistito perchè nel testo comparisse un riferimento esplicito all'Iran, ma tornare ad inizio 2016 avrebbe significato per il Paese tornare in pratica alle sanzioni, proprio ora che l'industria estrattiva è tornata al centro della strategia economica di Teheran. L'obiettivo è quello di arrivare a 4 milioni di barili al giorno entro marzo 2017, circa 800 mila barili in più rispetto a marzo di quest'anno. L'Arabia Saudita produce invece oltre 10 milioni di barili al giorno, ma ha fatto sapere di poter aumentare la produzione di un milione di barili «anche subito». La discussione si è quindi arenata per otto ore per poi concludersi con un nulla di fatto. I ministri presenti all'incontro hanno rassicurato sul fatto che le trattative continueranno e probabilmente a giugno sarà organizzato un nuovo vertice internazionale, ma il timore è che a risentirne sia immediatamente il prezzo del petrolio.
Le quotazioni internazionali del greggio hanno ripreso a salire da qualche settimana proprio grazie alle ipotesi di accordo tra i Paesi produttori, con il Brent e il Wti Usa tornati sopra i 40 dollari al barile dopo aver toccato a gennaio minimi sotto i 30. L'assenza di un'intesa, secondo gli analisti di Citigroup, potrebbe però far ricrollare i prezzi, ottenendo quindi l'effetto opposto rispetto a quello sperato a Doha.
A sottrarre petrolio dal mercato è stato però intanto lo sciopero dei
lavoratori del settore indetto in Kuwait. La produzione del Paese è diminuita del 60%, pari a circa 1,1 milioni di barili. Calo che potrebbe bilanciare in qualche modo la flessione dei prezzi prevista alla riapertura dei mercati.
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