Economia

La Fed cerca una via d'uscita Ma la strada è tutta in salita

La Fed cerca una via d'uscita Ma la strada è tutta in salita

Ancora pochi mesi, e Ben Bernanke lascerà la guida della Federal Reserve. Difficile immaginare che l'uomo costretto a fronteggiare la crisi dei mutui subprime e le successive, profonde lacerazioni aperte nel cuore economico dell'America, si faccia da parte il prossimo gennaio senza aver prima sciolto il dilemma dell'exit strategy. Ovvero, la rimozione delle misure straordinarie di stimolo attraverso cui la banca centrale Usa assorbe, ogni mese, bond governativi per un valore di 85 miliardi di dollari.
Il Wall Street Journal ha rivelato, un paio di giorni fa, che il piano di “evacuazione“ è ormai pronto. Manca, tuttavia, l'input principale: quando dare avvio al D-day. Uno stallo che riassume la delicatezza dell'operazione. Perfino i falchi all'interno della Fed sanno bene che il sentiero è stretto impervio. La tempistica è fondamentale, tanto quanto il modo di liberarsi dalla spirale del quantitative easing. Il primo problema che si pone davanti a Bernanke è legato a un ciclo economico non ancora sufficientemente consolidato. Il tasso di disoccupazione, seppur sceso in aprile al 7,5%, è lontano di un punto percentuale secco dalla soglia del 6,5% oltre la quale l'istituto di Washington si asterrà dall'alzare i tassi, schiacciati praticamente a zero. Inoltre, i nuovi posti creati non sembrano ancora sufficienti per incidere sul livello dei senza-lavoro. Anche perché settori come l'industria e le costruzioni continuano a denunciare situazioni di sofferenza occupazionale. Senza contare che i tagli automatici alla spesa federale, scattati a causa del sequester, hanno già accorciato il passo della crescita Usa. La stessa Fed prevede, per quest'anno, un'espansione tra il 2,3 e il 2,8%, meno della forchetta compresa tra il 2,3 e il 3% della stima dello scorso dicembre.
Lo stato dell'economia sembra dunque imporre al successore di Alan Greenspan un'ulteriore riflessione prima di procedere con l'exit strategy. C'è però da considerare l'esuberanza di Wall Street (il Dow Jones ha chiuso venerdì scorso per la prima volta sopra i 15mila punti), stigmatizzata proprio da Bernanke qualche giorno fa. La Fed teme la formazione di una bolla (che per alcuni è già da tempo una realtà), nonchè il pericolo che gli investitori siano ormai assuefatti dall'idea di una banca centrale parafulmine. Ma se vorrà evitare scossoni violenti dei mercati, dovrà rimuovere la liquidità in modo molto graduale. Alcuni esperti non escludono comunque un taglio immediato robusto, di almeno 25 miliardi al mese. E l'economista Nouriel Roubini ha già lanciato un monito: un'uscita lenta dal quantitative easing non farebbe che prolungare la politica accomodante.
Il dilemma, come si vede, non è di facile soluzione. Così, la Fed potrebbe tenere le carte coperte anche nella riunione di giugno.

In attesa di avere idee più chiare sull'evoluzione del mercato del lavoro e sul rally di Wall Street.

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