Anche l'ultimo bastione è caduto, e la metamorfosi da falco a colomba della Federal Reserve, indotta anche dai tweet sempre più acidi di Donald Trump, si può dire ormai compiuta. Non solo i tassi sono rimasti ieri inchiodati fra il 2,25 e il 2,50%, e non solo è stata ribadita l'intenzione di essere «pazienti» nel muovere le leve monetarie, ma dal lessico familiare della banca centrale Usa è sparita soprattutto la locuzione relativa a «ulteriore graduali aumenti» del costo del denaro. È uno scarto deciso rispetto a quelle che finora erano state le linee-guida dell'istituto: segnala la possibilità che per l'intero anno i tassi non verranno toccati. Il presidente Jerome Powell non lo può dire, ma ha ammesso che «attualmente, la possibilità di alzare i tassi si è in certa misura indebolita».
C'è però molto di più. La Fed rinnega anche un altro punto fermo e apre per la prima volta alla possibilità di interrompere o limitare il tapering, il processo che porta a ridimensionarne il bilancio gonfiato dai maxi-acquisti di asset durante il periodo della crisi. D'ora in poi, l'adeguamento della riduzione del portafoglio obbligazionario, calato da 4.600 a 4.100 miliardi di dollari attraverso potature da circa 36 miliardi per volta, avverrà solo «se le condizioni lo consentiranno». Pazienza e flessibilità, per essere pronti a reagire in caso di indebolimento dell'economia, saranno quindi le due stelle polari che la banca di Washington seguirà nei prossimi mesi. Un cambio di passo piaciuto subito a Wall Street (Dow Jones +2,14% a un'ora dalal chiusura), che aveva sempre mal sopportato il restringimento del credito indotto dal drenaggio di liquidità della Fed.
L'andamento del ciclo sarà quindi determinante nelle future mosse di Eccles Building. Anche se Powell ha detto di prevedere che l'economia americana «resterà in buona forma», anche se «c'è stato un rallentamento nelle maggiori economie» e bisogna fare i conti «con un quadro in certa misura contraddittorio», a causa «dello shutdown, le questioni commerciali e la Brexit. Ci sono molti fattori da tenere in conto - ha aggiunto - , è bene prendersi il tempo necessario e capire cosa sia meglio» per non creare turbolenze all'economia e ai mercati. In base ai calcoli del Cbo (l'Ufficio indipendente del Congresso), la più lunga paralisi parziale delle attività federali nella storia americana avrà un impatto negativo di 11 miliardi sull'economia Usa negli ultimi tre mesi del 2018 e nel primo trimestre del 2019. Più in generale, il Cbo stima che la crescita Usa quest'anno rallenterà al 2,3% dal 3,1% del 2018. Lo shutdown ha privato la Fed di molti indicatori economici, a cominciare dalla prima lettura sul Pil nel quarto trimestre e sull'andamento dell'inflazione. La creazione di posti di lavoro ha comunque realizzato un'altra performance notevole a gennaio, con 213mila buste paga, più di quanto si attendessero gli analisti.
La capacità di analisi congiunturale dell'istituto di Washington è resa complicata anche dall'impossibilità di capire come evolveranno i colloqui, ripresi ieri, tra Usa e Cina sul nodo dei dazi.
Le premesse non sono incoraggianti: sui nuovi negoziati rischiano di pesare le recenti accuse di illeciti penali formalizzate dal dipartimento di Giustizia americano contro il gigante tecnologico Huawei. Pechino, inoltre, non sembra intenzionata ad accogliere le richieste statunitensi per la protezione dei diritti di proprietà intellettuale.
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