Al Festival della Cultura della Libertà per difendere i diritti nell'era Covid

Ideatori della manifestazione Sforza Fogliani e Lottieri, focus sul rapporto tra individuo e Stato. Il caso del blocco degli sfratti

Al Festival della Cultura della Libertà per difendere i diritti nell'era Covid

Siamo arrivati a sei. Quella che si svolgerà domani e il 30 gennaio, a Piacenza, sarà la sesta edizione del Festival della cultura della libertà, che la Confedilizia si onora di contribuire a organizzare sin dalla nascita di questa manifestazione, ideata da Corrado Sforza Fogliani. Il titolo scelto per il 2022 da Carlo Lottieri, direttore scientifico del Festival, è a un tempo stimolante e preoccupante: «La libertà al tempo della paura. Come riconquistare i diritti perduti?».

Il riferimento, superfluo sottolinearlo, è alla pandemia e ai modi con i quali non solo in Italia è stata fronteggiata. Un titolo con tre parole chiave libertà, paura, diritti per consentire ai tanti relatori che animeranno i dibattiti programmati (temi e nomi consultabili qui: culturadellaliberta.com) di confrontarsi sulle conseguenze di un evento giunto inaspettato ma in corso ormai da quasi due anni. In effetti, di una riflessione a più voci su quanto stiamo vivendo c'è estremo bisogno. Non solo su natura, portata e implicazioni di provvedimenti immediatamente riconducibili alla «lotta al contagio» (obblighi di vaccinazione, «certificazioni verdi» ecc.), ma anche in ordine ai riflessi sull'economia e sulla vita sociale sia della pandemia sia delle misure assunte in seguito ad essa.

Un caso eclatante è quello del blocco degli sfratti. Per quasi due anni dal 17 marzo 2020 al 31 dicembre 2021 si è impedita l'esecuzione di provvedimenti giudiziari con i quali, al termine di vicende contrattuali e processuali lunghe e snervanti, era stato sancito il diritto del proprietario a rientrare in possesso dell'immobile di sua proprietà. Ventidue mesi di sospensione del diritto, di esproprio di fatto, di assenza di reddito per i locatori (ma perdurante obbligo di pagare spese di gestione e tasse), il tutto giustificato (si fa per dire) dall'esigenza di proteggere una categoria considerata per definizione debole gli inquilini (in realtà occupanti abusivi) di immobili abitativi e no rispetto alla loro controparte contrattuale, quella dei proprietari, evidentemente non ritenuta bisognosa di sostegno.

Gli esempi potrebbero essere molti, e ci sarà modo di richiamarli nel corso della due giorni piacentina. Al fondo, però, c'è un'unica questione: quella del rapporto fra individuo e Stato, fra attività privata e intervento pubblico, fra iniziativa e protezione. Una questione che è sempre stata rilevante, che ha sempre visto contrapporsi visioni spesso opposte, ma che dall'inizio della pandemia è esplosa in modo eclatante, in molti casi sparigliando le carte e disvelando anime dirigiste dietro maschere liberiste. Un appello diffuso già nella primavera del 2020 metteva in guardia dall'affermarsi di una «pandemia statalista». Sono passati quasi due anni ma quel monito è ancora attuale, forse ancor più di allora.

Il Festival di Piacenza è l'occasione per riflettere sulla necessità di uscire da questa situazione di perdurante emergenza e, soprattutto, dal suo corollario di giustificazioni per qualsiasi eccezione alle regole del diritto, dell'economia e sempre più di frequente del buon senso.

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