Fiat, a Pomigliano i 19 operai Fiom retribuiti ma restano a casa

Retribuzione regolare ma nessuna possibilità di tornare a lavorare in fabbrica. La Fiat: non possono essere ricollocati per la crisi

Una bandiera Fiom-Cgil davanti allo stabilimento Fiat di Pomigliano D'Arco
Una bandiera Fiom-Cgil davanti allo stabilimento Fiat di Pomigliano D'Arco

Retribuzione regolare ma nessuna possibilità, almeno per il momento, di tornare a lavorare in fabbrica. Insomma, diciannove operai della Fiom, che sono stati assunti nello stabilimento di Pomigliano lo scorso novembre su disposizione della Corte d’appello di Roma, saranno regolarmente retribuiti ma resteranno a casa perché non c’è lavoro a causa della crisi economica.

Dopo tre settimane di corso di formazione e una settimana di cassa integrazione, gli operai iscritti alla Fiom, si sono presentati in fabbrica al primo turno, quello delle sei di mattina, non avendo ricevuto indicazioni, nei giorni precedenti, su orari e mansioni a loro attribuiti. Ma agli operai non è stato consentito di passare il badge e di registrare il proprio ingresso ed è stato loro comunicato, solo verbalmente, che avrebbero ricevuto regolare stipendio ma senza possibilità di lavorare. Le tute blu, dunque, sono state invitate a tornare a casa. "Ci hanno consegnato la busta paga e informati che ci faranno sapere - hanno detto le tute blu - noi pretendiamo una comunicazione scritta, ed abbiamo contestato all’azienda le modalità di mancata comunicazione preventiva". Gli operai, quindi, sono rimasti all’interno dello stabilimento, nella saletta dove avevano svolto il corso di formazione, per ricevere una comunicazione ufficiale.

"Alla Fiat c’è un’idea medievale dei rapporti di lavoro, un’idea vincolata al delirio di onnipotenza dell’amministratore delegato", ha commentato Giorgio Airaudo, ex responsabile auto Fiom e ora candidato alle elezioni nelle fila di Sel, parlando di "gesto inutile e discriminatorio".

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