Il 2016 parte con il freno a mano tirato per l'industria del risparmio gestito. In base ai dati Assogestioni, il primo mese del nuovo anno ha visto una raccolta netta positiva per 6,1 miliardi (in contrazione del 43% rispetto ai 10,9 miliardi di dicembre), frutto dei 4,9 miliardi delle gestioni patrimoniali per gli investitori istituzionali, e di 1,2 miliardi confluiti nei fondi comuni aperti.Una dinamica influenzata sicuramente dall'aumento dell'avversione al rischio degli investitori retail (più orientati all'investimento di breve periodo) mentre gli istituzionali (come fondi pensione, gestioni bancarie e assicurative, casse di previdenza) hanno approfittato dei pezzi da saldo in Borsa per aumentare le sottoscrizioni. Flussi di acquisto che hanno premiato i fondi di liquidità (1,75 miliardi nel mese, la categoria più gettonata a gennaio) e a seguire i flessibili (801 milioni), gli azionari (321 milioni) e i bilanciati (263 milioni); venduti gli obbligazionari (1,85 miliardi). Malgrado questa scelta degli investitori davanti alla discesa delle Borse, i fondi obbligazionari non soltanto mantengono la leadership come di quota di mercato ma l'aumentano dal 41,1% di dicembre al 41,3% di gennaio. Sale anche la market share dei fondi di liquidità (dal 4,1% al 4,4%) e quella dei flessibili (dal 24% al 24,1%), mentre quella dei bilanciati è stabile (8%) e quella dei prodotti a vocazione azionaria arretra (dal 22,2% al 21,6%).
L'analisi di confronto tra i fondi di diritto italiano e quelli esteri vede infine questi ultimi in territorio positivo (1,74 miliardi di raccolta) mentre i fondi made in Italy hanno chiuso con deflussi netti per 531 milioni: a fine gennaio, il patrimonio dei fondi esteri era di 601 miliardi (72,4% del totale) contro i 229,5 miliardi dei fondi italiani (27,6%).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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