Il fondo salva-Stati2 Ecco perché gli aiuti sono utili a tutti

di Gianluca Garbi

L'altro ieri l'Ocse ha auspicato l'attivazione della richiesta di aiuti internazionali da parte del nostro Paese se i mercati non riconoscessero il merito delle riforme. L'indomani il premier Monti ha detto al Presidente Obama di sperare che l'Italia non debba chiedere l'uso di quello strumento ma, se lo farà, sarà congegnato in modo che non comporti una restrizione di sovranità. Altre opinioni sono state espresse sul Giornale, spingendo a non farlo per non sottrarre sovranità al futuro Parlamento. Vorrei invece condividere una riflessione sugli aspetti positivi che una richiesta immediata al fondo salva Stati comporterebbe. Inizio con lo sgombrare il campo da qualsiasi equivoco in merito alla necessità per l'Italia di chiedere un salvataggio europeo: l'Italia, per il momento, non ha bisogno di chiedere l'intervento del fondo salva stati e, aggiungo, ben fa il Ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, a rimarcare questo fatto. Condivisa questa importante premessa, ritengo che proprio perché non costretti, dovremmo immediatamente avviare il processo di richiesta di intervento all'Esm, insieme alla Spagna e magari anche al Belgio. Comprendo benissimo la naturale obiezione circa la perdita di sovranità, perché sarebbe compito dell'Unione Europea avallare le scelte di politica fiscale e di riforme proposte dai Governi dei Paesi che decidono di ricorrere agli aiuti. A tale obiezione si potrebbe replicare, come già altri preoccupati per un probabile risultato elettorale che premi il populismo e l'antipolitica - non da ultimo il presidente di Confindustria Squinzi- che la devoluzione della politica fiscale all'Unione Europea, finalizzata ad ipotecare le decisioni di un Parlamento nazionale incapace di compiere scelte razionali, sia nell'interesse del Paese. Tuttavia la domanda da porsi è un'altra: chi rappresenta l'Unione Europea? Non siamo forse sempre noi che collegialmente, con altri Paesi, contribuiamo alle decisioni europee? Se Italia, Belgio, Spagna e anche altri Stati che volessero accelerare l'unione fiscale si unissero ai Paesi che già hanno richiesto gli aiuti (Grecia, Irlanda, Portogallo e Cipro), ne risulterebbe un'Unione Europea composta per più di un terzo dagli stessi Paesi che hanno chiesto l'intervento del fondo salva Stati. Più di un terzo del Pil rappresentato nel Consiglio Europeo sarebbe riconducibile a coloro che avrebbero chiesto assistenza. Deve essere altrettanto chiaro che chiedere l'intervento dell'Esm non significherebbe sostituire tutte le emissioni di titoli di Stato coi finanziamenti del Fondo Salva Stati, oggi non sufficiente per far fronte alla totalità delle esigenze finanziarie degli Stati sopra menzionati. L'ammontare degli aiuti effettivamente necessari non sarebbe quindi in contrasto con il limite posto dalla Corte Costituzionale tedesca. Anzi, chiedere gli aiuti farebbe immediatamente calare i rendimenti sui titoli di Stato, come avvenuto per la Spagna fino a pochi giorni fa, quando il premier Mariano Rajoy ha dichiarato di non voler procedere, per il momento, con alcuna richiesta, facendo così risalire il rendimento dei titoli spagnoli. Chiedere subito l'intervento dell'Esm permetterebbe alla Bce di iniziare a comprare titoli di Stato fino a tre anni abbassandone immediatamente i rendimenti e producendo, di fatto, gli stessi effetti della creazione di Eurobond. Andrebbe, in ultima istanza, a ripristinare quel principio di solidarietà europea che nell'estate dello scorso anno Angela Merkel, consigliata dall'allora direttore del dipartimento di economia e finanza della Cancelleria Jens Weidmann, oggi governatore della Bundesbank, ha cancellato, richiedendo che ci fosse un «Private Sector Involvment» nel caso greco. Decisione, quest'ultima, che ha portato sull'orlo del fallimento diversi Paesi e generato una delle più grandi recessioni della storia moderna con un costo, per la comunità europea, multiplo rispetto all'intero debito pubblico greco.

Forzare l'unione fiscale, attraverso la richiesta di aiuti all'Esm da parte di una pluralità di Stati, a loro volta membri del consiglio dell'Unione Europea, andrebbe a ripristinare quel meccanismo di sanzioni, in caso di sforamento di deficit, già previso nel trattato di Maastricht e che Francia e Germania hanno per primi disatteso. Professandoci europeisti cerchiamo di comportarci come tali spostando noi, insieme alla Spagna e al Belgio, il peso della governance europea verso i Paesi che chiedono vincoli fiscali decisi a livello europeo.

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