Fonsai, i pm stringono su Ligresti

La Procura di Torino prova a inchiodare Salvatore Ligresti nell'ambito dell'inchiesta in corso sul team che amministrava la vecchia Fonsai agli ordini dell'allora amministratore delegato Fausto Marchionni. La convinzione dei magistrati è che il bilancio 2010, l'ultimo firmato da Marchionni, sia «falso» e che di conseguenza sia tale anche il prospetto redatto per il successivo aumento di capitale da 450 milioni. Quello sottoscritto da Unicredit nel 2011 nel tentativo di risollevare il gruppo, di cui aveva frattanto preso le redini Emanuele Erbetta.
I quattordici avvisi di garanzia fatti recapitare ieri hanno colpito l'ingegnere di Paternò appunto con l'accusa di falso in bilancio, i suoi tre figli (Jonella, Giulia e Paolo), Marchionni, Erbetta e quanti sedevano nel comitato esecutivo e nel board della compagnia nel marzo 2011. Nel mirino per «manipolazione del mercato» anche i consiglieri della controllata Milano Assicurazioni.
In sostanza la vecchia Fonsai avrebbe alterato i conti per «guidare» il valore delle azioni, provocando quindi un danno alle minoranze, che non hanno potuto scegliere sulla ricapitalizzazione in base a un documento affidabile. L'accusa poggia sul buco da perlomeno 600 milioni di euro riscontrato nelle riserve Fonsai. In particolare la compagnia, secondo quanto hanno ricostruito gli inquirenti, «imbellettava» la gestione sinistri con un apposito software per migliorare il bilancio e, di conseguenza, assicurare il dividendo ai soci, a partire dalla Premafin dei Ligresti. Un vulnus indirettamente confermato da Unipol, il nuovo padrone di casa Ligresti, che appena preso il controllo di Fonsai ha stanziato 650 milioni per rafforzare le riserve per poi aumentare lo sforzo a 800 milioni.
In Borsa comunque resta la tensione sul titolo Fonsai in calo di un ulteriore 4,9%, dopo l'anatema lanciato da Giulia Ligresti sul possibile naufragio della fusione con Unipol: in tre sedute il rosso arriva al 9%. Sempre con tono criptico la figlia dell'ingegnere si era poi detta certa che Mediobanca e Unicredit sapessero delle «criticità patrimoniali» del gruppo guidato da Carlo Cimbri. Bologna, che ha già riclassificato i bilanci, conta invece di poter completare il matrimonio entro l'estate.
Alla base dell'azione del tribunale torinese ci sono sia le conclusioni cui era giunta Consob, che era intervenuta sul bilancio 2011, sia le decine di faldoni e i pc (12 terabyte tra documenti e mail) sequestrati alla fine dello scorso anno nell'ambito del procedimento che ha visto iscrivere tra gli indagati anche l'allora presidente della disciolta Isvap, Giancarlo Giannini, per concorso in falso in bilancio.

In parallelo procede il lavoro della Procura di Milano, che ruota attorno all'ipotesi di concorso in bancarotta per Imco e Sinergia, le due casseforti con cui la famiglia Ligresti tirava le fila di Premafin, e del cosiddetto «papello»: il documento in cui Ligresti aveva dettagliato la propria «buonuscita» dal gruppo, poi posto all'attenzione dell'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel.

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