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Fuga dalle banche, c’è un piano anti panico

Allo studio un fondo europeo di garanzia sui depositi. Ancora un no tedesco agli Eurobond. Borse deboli

Fuga dalle banche,  c’è un piano anti panico

L’ultimo vertice del G8 di Camp David non passerà certo alla storia per l’Obama in maniche di camicia, né per il pulloverino della salute di Mario Monti, ma per aver reso ancor più evidente il pressing esercitato su Angela Merkel da molti leader, e non solo dell’euro zona, affinché vengano prese misure efficaci per stabilizzare la crisi del debito. Al di là della generica condivisione sul sostegno della crescita economica, la Germania sembra ora più isolata con le sue posizioni ultra-rigoriste, difficilmente conciliabili con i propositi di sviluppo. Sotto questo profilo, il vertice informale Ue di domani acquista una valenza particolare in un momento in cui i mercati aspettano da tempo risposte, e mentre la permanenza della Grecia all’interno di Eurolandia resta sempre appesa a un filo.

Le premesse non sembrano incoraggianti. Berlino ha ieri per l’ennesima volta ribadito il proprio nein agli Eurobond, ripetendo come un mantra che è meglio puntare sulla competitività e sul risanamento dei conti. «Una medicina sbagliata», ha detto il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, durante un incontro bilaterale con l’omologo francese, Pierre Moscovici. Parigi, da parte sua, non intende mollare la presa: «Tutto va messo sul tavolo, le misure per aumentare la competitività, gli investimenti in Europa, magari attraverso la Bei, e gli Eurobond». L’insediamento del neo presidente, François Hollande, ha scavato un solco profondo rispetto alle posizioni di Nicolas Sarkozy. Per quanto sia meno saldo l’asse con l’Eliseo, e la Merkel debba fare anche i conti anche con gli alleati socialdemocratici (fondamentale è il loro appoggio per ottenere il via libera al Fiscal compact), i tedeschi sembrano ancora tenere il coltello dalla parte del manico. Bruxelles, per esempio, sarebbe favorevole agli eurobond, ma al tempo stesso è consapevole che la loro introduzione non può non passare da una decisione «essenzialmente politica».

Trovare un punto di saldatura tra posizioni ancora così distanti all’interno dell’Eurozona non è cosa facile. Il tempo scorre, la recessione morde in più Paesi, mentre Grecia e Spagna restano costantemente sui radar dei mercati, che ieri hanno chiuso in rialzo a Parigi, Londra e Francoforte e in leggero calo a Madrid, Atene e Milano (-0,28%), su cui ha però pesato per un 1,8% lo stacco di cedole per complessivi 5,5 miliardi di euro. La tenuta dei listini azionari e la sostanziale stabilità degli spread (Btp-Bund a 436 punti) sono legate alle indiscrezioni secondo cui alcuni esponenti dell’Unione starebbero prendendo in considerazione l’introduzione di un fondo europeo di garanzia sui depositi, complementare ai paracadute già esistenti su base nazionale (in Italia è previsto un rimborso fino a un massimo di 100mila euro per ogni depositante). L’introduzione di una doppia rete di protezione non dovrebbe essere oggetto di discussione del vertice Ue di domani, ma sarebbe un efficace strumento anti-panico dopo la fuga dei risparmiatori dalle banche greche (1,2 miliardi ritirati in pochi giorni) e di quella (però smentita dal governo spagnolo) da Bankia, l’istituto nazionalizzato che avrà bisogno di un’iniezione di denaro pubblico pari a circa 7,5 miliardi.

Alcuni economisti, tuttavia, sono convinti che solo un intervento diretto della Bce eviterebbe l’esodo dai conti correnti provocato dall’uscita di Atene dall’euro. Ma quanto costerebbe all’Ue la Grexit? Ubs parla di 225 miliardi. A patto, però, che non si scateni la corsa a ritirare i depositi bancari.

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