La fuga dei grandi gruppi In Italia restano i pubblici

Da Exor a Pirelli, tanti i privati venduti o trasferiti all'estero. E i giganti in casa sono dei nani fuori

Francesco Starace
Francesco Starace

Nel 2016 il giro di affari aggregato dei 41 grandi gruppi italiani vale 342 miliardi di euro, in calo del 5,3% sul 2015 e del 17,4% sul 2012. È quanto emerge dall'annuario R&S, pubblicato dall'Area studi di Mediobanca, che raccoglie i profili dei principali gruppi italiani quotati nel periodo 2012-2016. Il 61,6% delle vendite fa capo al settore pubblico, il 38,4% a quello privato. Il 47,5% del giro d'affari, dice Mediobanca, proviene dal settore energetico, il 29,6% dalla manifattura, il resto prevalentemente dal terziario (autostrade, poste, tlc, energia). Oltre un terzo del fatturato dei grandi gruppi fa capo infatti a Enel (69,1 miliardi di euro) ed Eni (55,8 miliardi). Seguono Poste Italiane (28,6 miliardi) e Fca Italy (26,2 miliardi).

Esaminando i numeri delle aziende private si evince che nel complesso i dieci big italiani (Fca Italy, Leonardo, Saipem, Luxottica, Prysmian, Parmalat, Fincantieri, Prada, Buzzi Unicem e Cofide) nel 2016 hanno fatturato 84 miliardi, in crescita dell'1,6% rispetto all'anno precedente.

Potrebbe sembrare molto ma si tratta di un giro d'affari davvero minuto rispetto alle concorrenti europee. A paragone, le top 10 tedesche hanno fatturato quasi dieci volte tanto (767 miliardi), quelle francesi 327 miliardi e quelle del Regno Unito 180 miliardi. E dunque il gap rispetto alla concorrenza straniera non solo non si è ridotto in questi anni, ma è anzi cresciuto.

Le top italiane hanno infatti segnato nel 2016 una crescita di fatturato del 5,1% sul 2012, più bassa di quella dei tedeschi (+11,9%), francesi (+6,6%) e britannici (+5,7%). I margini industriali sono in forte riduzione (-30,5%). Calano anche quelli britannici (-5,8%), mentre crescono quelli francesi (+35,7%) e tedeschi (+21,9%). I

Negli ultimi anni il panorama si è poi impoverito dalla decisione di Exor di trasferire la sede legale in Olanda e anche da operazioni di take-over straniero come nel caso di Pirelli e Italcementi e di Luxottica quando sarà finalizzata la cessione a Essilor. Colpisce anche la scarsa incidenza del fatturato delle big rispetto al Pil nazionale, pari solo al 5,1%, percentuale che sale all'8,3% per le inglesi, al 14,7% per le francesi e al 24,4% per le tedesche. Il fatturato non domestico dei grandi gruppi pubblici è pari al 47,1%, ma è la manifattura privata ad avere la più alta proiezione internazionale con il 70,3%.

I 41 grandi gruppi italiani, scrive Mediobanca, hanno registrato un calo dell'occupazione (-1% sul 2015), con il pubblico che ha ceduto il 3,3% (-11,2% all'estero e -0,8% in Italia), mentre la manifattura privata ha aumentato la forza lavoro

dello 0,9% sia all'estero sia in Italia. Sul fronte della redditività industriale, invece, tra il 2015 e il 2016 i margini dei gruppi privati sono cresciuti (+7%), mentre nei gruppi pubblici la variazione è negativa (-6,7%).

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