Fumata nera sul Recovery Fund: resta il veto di Polonia e Ungheria

Il consiglio europeo è terminato in un nulla di fatto: muro contro muro su Recovery Fund e bilancio. Vaccini nella seconda metà di dicembre

Fumata nera sul Recovery Fund: resta il veto di Polonia e Ungheria

Il muro contro muro sul Recovery Fund prosegue e il veto posto da Ungheria e Polonia sul pacchetto da 1.800 miliardi di euro per risollevare l'economia dell'Unione europea resta in piedi. Il nodo da sciogliere è rappresentato dal meccanismo concordato tra la presidenza tedesca del Consiglio Ue e il Parlamento europeo per condizionare l'utilizzo dei fondi Ue al rispetto dello Stato di diritto. Per Budapest e Varsavia, questo meccanismo non sarebbe in linea con i trattati. Dall'altra parte Bruxelles non intende arretrare di un millimetro: i Paesi che non rispettano lo Stato di diritto rischiano di perdere l'accesso ai suddetti fondi.

Fumata nera

Il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha convocato i leader ancora una volta, cercando di trovare un compromesso. Dopo una sua introduzione, la parola è passataad Angela Merkel, cui spetta guidare il semestre che si sta per chiudere. I sovranisti dell'Est - cioè l'ungherese Viktor Orban e il polacco Mateusz Morawiecki - non si smuovono, e anzi hanno trovato un alleato nello sloveno Janez Jansa, che però non ha formalizzato un terzo veto.

L'ufficio per la comunicazione internazionale di Orban, su Twitter, ha fatto sapere che "il governo di Budapest ha posto il veto sul pacchetto di bilancio Ue in linea con la sua posizione comunicata già nel summit di luglio": le capitali dell'Est non vogliono vedersi negati i fondi perché, a giudizio della Commissione Ue, non rispettano lo Stato di diritto.

Per cercare di convincere Budapest, Varsavia e Lubiana, la Francia ha minacciato di chiudere l'accordo a 25, lasciando fuori i due Paesi: anche in questo modo, non avrebbero accesso ai fondi. Ma una spaccatura così plateale, paradossalmente, potrebbe avere conseguenze destabilizzanti per l'intera Unione. Una discussione sostanziale, forse, arriverà con il prossimo Consiglio europeo, in agenda per i primi di dicembre.

Fase di stallo

L'Italia, che di fondi ha disperato bisogno, continua ad ostentare ottimismo. "C'è una prospettiva concreta di arrivare a una sintesi, e dunque all'adozione del regolamento che disciplina le modalità di funzionamento della Recovery and Resilience Facility, in prima lettura, nella sessione plenaria del Parlamento europeo del 14-17 dicembre", ha dichiarato il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri.

Angela Merkel al termine del vertice ha confermato che sia Polonia che Ungheria hanno ribadito il loro no alle condizionalità sullo Stato di diritto legate all'accordo. "Siamo obbligati a cercare una soluzione" per dare il via libera al Bilancio Ue e al Recovery Fund, "è chiaro quanto sia importante. Si tratta di un problema serio che dobbiamo risolvere, e ci lavoreremo duro e seriamente".

La discussione ripartirà nella giornata di domani proprio da questo punto. Il Recovery Fund e il quadro finanziario pluriennale sono "essenziali per la nostra ripresa economica e dobbiamo attuarli al più presto", ha spiegato Charles Michel. "Sulla condizionalità sullo Stato di diritto", ha aggiunto, "alcuni Paesi ritengono di non sostenere l'accordo" trovato tra Parlamento e Consiglio.

Vaccini e debiti

Sul fronte sanitario, l'Unione europea non ha alcuna intenzione di fermare i due vaccini. L'Ema potrebbe dare il via libera alla loro commercializzazione nella seconda metà di dicembre. Sempre se non dovessero emergere problemi, ha fatto capire la presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen.

Capitolo debiti.

La presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, è stata chiara nel rispondere indirettamente alla proposta avanzata dal presidente dell'Europarlamento David Sassoli: "Leggo sempre con interesse tutto quello che dicono i rappresentanti del Parlamento Ue e soprattutto i presidenti, la mia risposta è molto corta: tutto quello che va in quella direzione è contro i trattati, c'è l'articolo 103 che proibisce quel tipo di approccio e io rispetto i trattati". Dunque, semaforo rosso alla cancellazione del debito contratto dai vari Paesi con la Bce.

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