Gazprom mette l'acceleratore alla costruzione di tre gasdotti tra Europa e Cina e si prepara ad avviare, grazie alla collaborazione con le aziende italiane, un maxi piano di «metanizzazione» del parco, pubblico e privato, dei mezzi di trasporto russi. Viktor Zubkov, presidente del colosso mondiale dell'energia che fattura 100 miliardi l'anno, ha raccontato a il Giornale la due giorni tra Milano e Brescia a caccia dei segreti del business made in Italy che coniuga metano e automotive: una serie di incontri con i big della filiera coordinati dal consigliere bresciano di Forza Italia, Gabriele Barucco. A fare da trait d'union, Mariarosa Baroni presidente di Ngv Italy, società che raggruppa le più importanti aziende nel settore dei carburanti alternativi ecosostenibili per i trasporti. Tra sanzioni, nuove regole europee e gnl (mercato su cui, non a caso, stanno puntando anche gli Usa), Zubkov ha fatto poi il punto sulle relazioni internazionali di Gazprom, e sul ruolo crescente della Russia in seno all'Opec.
L'Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, per import di gas dalla Russia. Un rapporto a senso unico?
«No, affatto, l'Italia è un mercato importante, ma tra Italia e Russia c'è collaborazione. Lo dimostrano le partnership già in essere (con Ansaldo Energia, Maire Tecnimont, ndr), ma anche i nuovi progetti allo studio che coinvolgeranno le imprese dei nostri Paesi».
Di che cosa si tratta?
«Gazprom vuole esportare in Russia il modo in cui l'Italia sta utilizzando il metano nell'autotrazione. Crediamo che, in Europa, l'Italia sia un leader del settore, ha un mercato molto sviluppato e sostenuto da politiche regionali e nazionali pro ambiente».
Questa visita è il preludio a una serie di collaborazioni in territorio russo?
«Sì, certo. Non è per caso che siano venuti con noi i governatori di Rostov e Belgorod, due regioni russe. Ci ha molto colpito il modello A2a-Amsa, e in particolare il trattamento dei rifiuti realizzato con mezzi a metano. Ma anche il gruppo Cavagna che fa componenti per il controllo dei gas compressi. Vogliamo avviare anche noi programmi analoghi di conversione della flotta».
Parliamo di gasdotti, come prosegue il North Stream 2 (Russia-Germania). Temete ritardi a causa della nuova direttiva Ue?
«È un progetto esclusivamente commerciale (non politico, ndr) che raddoppierà la portata del primo gasdotto portandola a 110 miliardi di metri cubi di gas l'anno, oltre un quarto del consumo annuo dell'Ue. Le nuove regole non ci toccano, abbiamo avuto tutti i permessi prima di queste novità e, quindi, per fine 2019 saremo pronti.
A questo punto la vostra presenza in Europa diventa predominante...
«La Russia ha il 40% delle riserve mondiali di gas e, dalla fine del 2019, avremo pronto anche il Turkish Stream, un altro gasdotto da 30 miliardi di metri cubi di gas l'anno che servirà l'Europa via Ankara».
Le sanzioni e l'opposizione di Trump vi stanno condizionando?
«La Russia è sempre stata sotto le sanzioni, ci impedivano di acquistare tubi di grande diametro quando costruimmo il gasdotto Friendship (dall'Iran alla Siria) e noi abbiamo sviluppato una produzione nostra. Alla fine chi ha vinto da queste sanzioni? Noi».
Oltre all'Europa quali sono i vostri obiettivi?
«Servire il mercato cinese dal 2020 grazie al gasdotto siberiano che esporterà 38 miliardi di metri cubi di gas. Si tratta di un mercato immenso per cui prevediamo di costruire altri gasdotti in quella direzione. A livello di settore vogliamo poi sviluppare il mercato del gnl, lo produrremo e avremo nostri impianti di liquefazione».
Come vedete il petrolio e il vostro ruolo crescente in seno all'Opec?
«Il prezzo attuale intorno a 65
dollari va bene, potrebbe anche crescere un po'. L'importante è che non scenda. Con l'Opec le cose vanno bene così, non è necessario per Mosca avere un ruolo diverso, né creare nuove organizzazioni d'appoggio come ipotizzato».
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