Generali, ora Perissinotto passa al contrattacco: «Pago i no a Mediobanca»

Generali, ora Perissinotto passa al contrattacco: «Pago i no a Mediobanca»

Un addio amaro e polemico quello che il ceo Giovanni Perissinotto si appresta a dare alle Generali nel cda straordinario di stamattina. Nella lettera inviata ai consiglieri che dovranno procedere al voto di sfiducia (la mozione dovrebbe essere approvata con 10-12 voti a favore) il manager ha accusato pesantemente Mediobanca (azionista di maggioranza relativa col 13,4%) che, a suo dire, «ritiene di avere diritti speciali sul destino del gruppo».
Certo, Perissinotto non nasconde le «insoddisfacenti performance del titolo» (che ieri ha recuperato il 3,3% a 8,49 euro sul cambio al vertice), sebbene viziate dal «leale sostegno del debito sovrano dell’Italia» con 50 miliardi di Btp in portafoglio. Ma l’a-fondo più duro è quello contro Piazzetta Cuccia, colpevole di aver «ostacolato i vari tentativi del management di Generali di diversificare il nostro rischio verso le nuove aree del mondo a maggiore crescita per evitare diluizioni». Così come la strada dell’aumento di capitale è stata sbarrata dal «socio di riferimento», al quale non sarebbero inoltre garbati i dubbi sulla visione strategica dell’operazione Unipol-Fonsai» dove il «salvatore» bolognese non godrebbe di buona salute finanziaria. Per questo motivo non si presenterà dimissionario oggi in cda, rilevando come la designazione del successore Mario Greco sia «inquinata da logiche non di business».
Accuse rispedite al mittente attraverso un documento che oggi sarà sottoposto al vaglio dei consiglieri. Secondo quanto si apprende, la sostanza del testo testimonia che «nulla ha impedito al management di compiere scelte strategiche» come l’operazione Ppf o l’acquisizione della Banca del Gottardo «nonostante l’investimento nel private banking non fosse prioritario». Analogamente l’acquisizione delle minoranze di Alleanza fu approvata «nonostante l’iniziale resistenza di Mediobanca». Idem per l’acquisto di Toro e di Ina Assitalia. Il senso del documento è chiaro: l’attacco a Mediobanca è strumentale perché tra i consiglieri c’è ampia convergenza sull’opportunità di sostituire Perissinotto con l’ad di Zurich Mario Greco. Fonti vicine alla situazione, inoltre, sottolineano come la resistenza di Perissinotto potrebbe essere motivata dalla volontà di trattare al meglio la propria buonuscita.
Valutazioni identiche ieri ha espresso il socio Leonardo Del Vecchio, il primo a chiedere il passo indietro del top manager. «Perissinotto - ha detto - getta discredito sui consiglieri e sugli azionisti invece di ammettere di aver ottenuto risultati gestionali modesti e dare le dimissioni». Del Vecchio si è assunto la responsabilità dell’operazione: «Sono stato io insieme a Lorenzo Pelliccioli a rappresentare a Mediobanca l’urgenza del cambiamento ed Alberto Nagel ne ha convenuto». Unipol-Fonsai, perciò, non c’entra nulla.
A stretto giro di posta la replica piccata di Perissinotto: «Probabilmente il dottor Del Vecchio ha dalla sua residenza, credo all’estero, una visione del nostro Paese e della nostra compagnia un po’ lontana dalla realtà», ha chiosato sottolineando che «Generali è solida e ha affrontato bene la crisi dei mercati».
Se non altro il Ceo, in questi giorni difficili ha incassato il sostegno degli agenti del gruppo che hanno espresso «pieno dissenso all’iniziativa dell’azionista di riferimento». Note a margine alle quali si aggiungono le valutazioni degli analisti. Cheuvreux e Credit Suisse riconoscono a Perissinotto una «gestione del business ordinario piuttosto buona con risultati da migliori della classe nella redditività Vita».

Certo alcune operazioni di M&A erano «opinabili» e avrebbe potuto eseguire un aumento di capitale 4-5 anni fa a condizioni migliori, ma «probabilmente questa è stata la decisione del principale azionista». Da oggi la palla passa a Mario Greco.

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