Giappone, tassi sottozero E l'America tira il freno

Tokio vuol rilanciare export e prestiti, ma rischia una fuga di capitali. Pil Usa, +0,7% nel quarto trimestre 2015: per la Fed più difficile alzare il costo del denaro

Rodolfo PariettiLa mossa è d'attacco, tesa com'è a rilanciare un'economia ancora debole nonostante le multiple trasfusioni dell'Abenomics. Ma la decisione con cui ieri, a sorpresa, la Banca del Giappone ha imitato la Bce portando in territorio negativo i tassi sui depositi presso l'istituto centrale (a -0,1% dal +0,1% precedente), rischia di rivelarsi un autentico harakiri. Un pericolo che le Borse, eccitate non appena una qualsiasi banca centrale allenta le maglie monetarie, non hanno colto. A cominciare, naturalmente, da quella di Tokio (+2,8%), per proseguire poi coi rimbalzi europei (Milano è cresciuta del 2,57%) e la risalita di Wall Street (+1,80% a un'ora dalla chiusura). È la solita disinvoltura con cui ai ribassi pesantissimi del giorno prima si sostituiscono gli allegri rialzi del giorno dopo. Funziona così. Ovunque. E se l'America tira il freno mostrando un'asfittica crescita dello 0,7% nel quarto trimestre 2015 (+2,4% nell'intero anno), ancora meglio: è il segno che la Federal Reserve farà molta fatica ad alzare i tassi da qui a dicembre. Forse, sostengono alcuni analisti, non ce la farà proprio.In ogni caso, il boccino resta saldamente nelle mani delle banche centrali. L'intento del governatore della BoJ, Haruhiko Kuroda, è solare: in prima battuta, indebolire lo yuan per agevolare l'export. Ieri la moneta nipponica è infatti arrivata a cedere circa il 2% contro il dollaro Usa. La manovra presenta però delle controindicazioni. La svalutazione potrebbe sfuggire di mano alle autorità monetarie, innescando una pericolosa fuga di capitali, soprattutto se - come ha detto Kuroda - i tassi venissero ulteriormente tagliati. Inoltre, scoraggiare le banche a non detenere liquidità in eccesso non si traduce automaticamente nella concessione di maggiori prestiti a famiglie e imprese. Il potere d'acquisto dei consumatori sui prodotti importati è del resto destinato a ridursi per effetto dell'indebolimento del cambio.L'impressione è che il Giappone stia sparando le ultime cartucce, non avendo finora centrato gli obiettivi fissati con gli stimoli dell'Abenomics. Con un debito pubblico che corre verso il 300% del Pil, il Paese del Sol levante conta di crescere nell'anno fiscale 2015 dell'1,5%, ma non riesce a riscaldare l'inflazione (0,1% la stima 2015), nè a rimettere in moto la produzione industriale, calata in dicembre dell'1,4 per cento. Insomma, sono tanti i nodi ancora da sciogliere. E non solo in Giappone. La modesta espansione nell'ultimo quarter dello scorso anno mette la Fed in una scomoda posizione. Il rallentamento, frutto del dollaro forte e di consumi meno robusti, potrebbe essere ancora più marcato nel 2016 per effetto delle turbolenze a livello globale. Le probabilità di un rialzo dei tassi in marzo sono crollate dal 22% di giovedì all'8% di ieri.

È il segno di come trader e gestori inizino a credere che la Fed non alzerà il costo del denaro nel 2016, vedendo la prima stretta soltanto nel febbraio 2017. L'ex numero uno di Eccles Building, Ben Bernanke, suggerisce addirittura tassi negativi in caso di una forte frenata dell'economia. «Helicopter Ben» non si smentisce mai.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica