Google punta sull'Italia ma sulla banda larga tanti ritardi da colmare

«Google è pronta a investire in Italia, sebbene il Paese sconti un ritardo tecnologico che non lo ha ancora reso in grado di trarre benefici economici dalla rivoluzione digitale». Nei giorni caldi di Telecom, con il tema delle rete al centro del dibattito nazionale, è il direttore esecutivo di Google, Erich Schmidt, a puntare il dito sul ritardo tecnologico italiano. Una presa di posizione che suona più come un appello, visto che in Italia i limiti del settore non sono certo una novità. Ogni anno il Paese è bombardato da impietose classifiche che mettono in evidenza limiti e ritardi: gli ultimi dati diffusi da Agcom registrano, a marzo 2013, 13,82 milioni di accessi retail. L'incremento rispetto a 12 mesi prima è solo del 2%. È vero, l'Italia conta su una forte penetrazione dell'Internet mobile (32 milioni di sim con traffico dati e 8,6 milioni di chiavette), ma sulla banda larga fissa siamo in fondo alla classifica europea (solo Grecia, Bulgaria e Romania fanno peggio). Ecco, dunque, che le parole del manager di Google tornano impietose sulla questione, evidenziando quante possibilità e investimenti esteri sono stati persi e si stanno perdendo.
«Potenziare le infrastrutture sarà utile solo in parte se prima non si combatte il ritardo culturale», ha dichiarato Schmidt, spiegando che nel cercare la propria strada, l'Italia, in cui l'economia Internet è a poco più del 2% del pil, ha dalla sua un potenziale unico che deriva dal Made in Italy». Per Schmidt, il sistema economico italiano, infatti, seppur penalizzato da un ritardo tecnologico, avrebbe tutte le caratteristiche per risultare vincente su Internet. Ed ecco perché, come Google, «abbiamo deciso di fare un importante investimento in Italia e offrire il nostro contributo per accompagnare il made in Italy alla conquista dell'economia digitale.

Ci concentreremo su tre aree: far conoscere le eccellenze nascoste dell'Italia; diffondere tra gli imprenditori le competenze digitali; valorizzare i giovani come promotori della transizione al digitale». Di fondo, resta comunque un problema: se la banda larga fissa è ormai disponibile per il 90,6% della popolazione, tutto il ritardo italiano sta nella distanza tra disponibilità del servizio e sua effettiva attivazione.

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