Governo e Consob agli stracci su Bpm

Osnato: "Presa decisione di parte". Savona: "Se non sono gradito, me ne vado"

Governo e Consob agli stracci su Bpm
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Si alzano i toni dello scontro tra la Consob e il governo Meloni sulla sospensione dell'Ops lanciata da Unicredit su Banco Bpm. La massima autorità di vigilanza sui mercati si è di fatto schierata contro una decisione assunta in nome dell'interesse nazionale. Il presidente della Commissione, Paolo Savona, ieri al Festival dell'Economia di Trento ha lasciato intendere di essere pronto alle dimissioni se la sua decisione (non proprio condivisa al 100% come da lui stesso dichiarato; ndr) dovesse essere ulteriormente avversata. «Se non sono più gradito, me ne vado. La saggezza dell'età impone anche questo», ha dichiarato.

Savona, infatti, ha rivendicato la piena legittimità dell'operato della Consob. «Abbiamo applicato la legge, dando tempo al mercato di valutare in una situazione di incertezza», ha detto ribadendo che «la nostra priorità resta la tutela dei risparmiatori».

Di diverso avviso Marco Osnato (Fdi), presidente della Commissione Finanze della Camera, che ha definito «sorprendente» la decisione della Consob, lamentando il fatto che questa possa trasmettere all'opinione pubblica il messaggio distorto di un errore da parte dell'esecutivo. «Siamo di fronte a una presa di posizione che rischia di apparire come un'assunzione di parte a favore di Unicredit, che sta chiaramente tentando un pressing sul governo», ha dichiarato in un'intervista a Class Cnbc rimarcando che «una posizione del genere irrigidisce i toni, perché a condizioni immutate è impensabile che l'esecutivo possa fare un passo indietro». Secondo Osnato, «l'Authority dovrebbe facilitare i mercati, non alimentare confusione politica».

Ancora più diretto il passaggio in cui Osnato ha messo in discussione l'equidistanza di Savona. «Mi sorprende che una figura con tanta esperienza abbia deciso di abbandonare la consueta prudenza per dare un segnale così netto», ha affermato precisando che «questa Ops è nota da mesi, il mercato ha avuto tutto il tempo per valutarla; e allora perché ora questo intervento che suona come un favore a Unicredit? Che messaggio stiamo dando, che chi rispetta il Golden Power sbaglia e chi fa ricorso ha ragione?». Osnato ha anche ribaltato le critiche mosse all'esecutivo. «Le richieste del governo, come il mantenimento dei titoli di Stato in portafoglio, sono più che ragionevoli», ha evidenziato; quindi «se disturbano tanto Unicredit, è forse perché l'obiettivo reale era liberarsene, ma questo, in una fase così delicata per i conti pubblici, è inaccettabile».

A sostenere con forza la linea dell'esecutivo è stato anche Federico Freni, sottosegretario al Mef, che ha respinto ogni accusa di eccessivo interventismo, ricordando che «il Golden Power esiste per tutelare l'interesse nazionale; se non serve a questo, a cosa serve?». Freni ha anche richiamato il confronto con altri Paesi europei, come la Spagna, dove una fusione bancaria è stata sottoposta persino a referendum.

«Noi ha detto ci limitiamo ad applicare prescrizioni nel rispetto della legge, senza calpestare il mercato. Chi grida allo scandalo forse preferirebbe un'Italia debole e rinunciataria nei momenti chiave». La contrapposizione attuale, pertanto, è destinata a non estinguersi a breve.

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