Quando, nel febbraio dell'anno prossimo, prenderà il posto al vertice della Federal Reserve ora occupato da Janet Yellen, Jerome Powell dovrà probabilmente fare ancora i conti con un mercato del lavoro in chiaroscuro. I dati di ottobre, diffusi ieri, sono ingannevoli. A parte i nuovi posti di lavoro creati - 261mila, un dato inferiore ai 310mila previsti dagli analisti, ma pur sempre l'andamento più brillante dal luglio del 2016 - ciò che stona sono due fattori. Il primo è la discesa del tasso di disoccupazione dal 4,2 al 4,1%, frutto però del declino del tasso di partecipazione al lavoro (dal 63,1% al 62,7%), il peggior livello degli ultimi 40 anni. Le persone uscite dal mercato del lavoro hanno inoltre raggiunto un picco di 968mila unità, portando il totale oltre i 95 milioni.
Troppa gente ai margini, insomma. E per i tanti che non hanno un impiego e neppure lo cercando perchè scoraggiati, ci sono anche quelli alle prese con buste paga poco rassicuranti. Questo è il secondo punto. A sostenere, infatti, la crescita dei posti in ottobre sono stati soprattutto gli impieghi poco remunerativi, tra cui 106mila operatori nell'ospitalità e nel tempo libero. Il salario orario medio è inoltre calato di 1 centesimo di dollaro, mentre su base annua la crescita è del 2,4%, la più bassa da febbraio 2016.
La dinamica salariale, per l'ovvio impatto sull'inflazione, è un altro fattore di cui la Fed tiene conto nelle sue decisioni sui tassi. I dati del mercato del lavoro del mese scorso non dovrebbero comunque cambiare i piani della banca centrale Usa, che in dicembre alzerà il costo del denaro di un quarto di punto.
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