Grecia, l'Europa si prepara al peggio

Per la prima volta si fa strada l'ipotesi del default. La «Bild»: «Merkel rassegnata al Grexit». Borse giù, tensione sullo spread

Non siamo ancora ai titoli di coda sulla Grecia, ma poco ci manca. Happy end tutt'altro che scontato, più probabile un epilogo thriller senza esclusione di colpi. Anzi, del colpo finale: quello del default. È lo scenario peggiore, secondo solo a quello - terrificante - di un'uscita di Atene dall'euro. Sostiene la Bild : al Grexit, la Cancelliera Angela Merkel si è già rassegnata. L'indiscrezione è stata subito smentita da Berlino, ma non quella relativa alla possibile insolvenza. Finora mai presa (ufficialmente) in considerazione, l'ipotesi è ora entrata di prepotenza negli scenari degli sherpa dei ministri finanziari, che ne hanno discusso giovedì sera a Bratislava. Roba generalmente top secret , spifferata invece da una delle tante gole profonde di Bruxelles. L'intento è evidente: mettere pressione al governo di Alexis Tsipras. L'ha fatto anche il Fondo monetario internazionale, con il rimpatrio in fretta e furia della sua squadra di negoziatori. I mercati hanno accusato il colpo, con le Borse in ritirata (Atene è passata dal +9% di giovedì a un -6%, mentre Milano è scivolata dell'1,27%) e con forti tensioni sullo spread Btp-Bund, risalito da 125 a 137 punti dopo un picco a quota 143.

In parte, il pressing è andato a segno: l'esecutivo ellenico si è detto pronto a presentare «controproposte per superare le differenze» in un incontro che si terrà oggi nella capitale belga con i creditori. Il problema è che i greci partono da un assunto paradossale: «Non siamo mai stati così vicini a un accordo», dicono. Ci sarebbe solo da sistemare, aggiungono, la questione dell'avanzo primario dove balla uno 0,25% tra l'1% di surplus preteso dai creditori e lo 0,75% chiesto da Atene. «Impensabile - fanno rimarcare - una rottura per una così piccola differenza». Che, comunque, vale 450 milioni di euro. Poi c'è anche l'esortazione all'Europa a «non opporsi» al ripristino del diritto di contrattazione collettiva, altro motivo di forte divergenza. Già la mancata convergenza su questi due punti dovrebbe far intuire come, in realtà, l'accordo è ben lontano dall'essere a portata di mano. Anche perchè pesano come macigni anche le distanze sulle pensioni e sull'Iva.

Non è quindi un caso se gli sherpa, in vista dell'Eurogruppo di giovedì prossimo, abbiano preso in considerazione anche la bancarotta, ovvero il «Piano B». Il tempo rimasto è pochissimo. In una manciata di giorni si dovrebbe trovare quella quadra vanamente inseguita negli ultimi mesi, in modo da sbloccare i 7,2 miliardi di aiuti e permettere ad Atene di rimborsare al Fmi di 1,6 miliardi a fine mese e di far fronte anche alle scadenze di luglio e agosto. Questa sarebbe l'opzione migliore, ma è anche la meno probabile. La terza prevede invece un'estensione del programma di aiuti, anche se non si capisce su quali basi e a fronte di quali garanzie. Il default, comunque, non provocherebbe l'automatica esplusione della Grecia dalla moneta unica, come va ripetendo da mesi il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. In prima battuta scatterebbe lo stop al movimento dei capitali, subito seguito dall'introduzione di una moneta parallela.

La prossima settimana si annuncia dunque come decisiva per le sorti greche, con Mario Draghi

atteso lunedì al Parlamento europeo a rispondere del sostegno finora dato ad Atene e alle sue banche, quattro delle quali (Alpha, Eurobank Ergasias, National Bank of Greece e Piraeus) declassate ieri da Standard&Poor's.

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