Nove milioni e settecentomila euro. Sono i prestiti che la politica deve restituire al Monte dei Paschi ma che la banca, oggi controllata dallo Stato, non rivedrà mai. Le cifre spuntano fuori dalle risposte date ai soci riuniti ieri in assemblea a Siena.
Al 31 dicembre del 2017 Mps vanta 10 milioni di crediti complessivi nei confronti di 13 partiti politici. Il problema è che 9,7 milioni sono iscritti a bilancio come non performing ovvero «deteriorati». E di questi 8,2 milioni rientrano nell'operazione di cessione e cartolarizzazione di crediti in sofferenza. Non solo. Sempre al 31 dicembre scorso, il gruppo vanta crediti per complessivi 67 milioni, di cui circa 61 milioni difficilmente recuperabili, nei confronti dei cosiddetti «Pep», ovvero «persone fisiche che occupano o hanno occupato importanti cariche pubbliche come pure i loro familiari diretti o coloro con i quali tali persone intrattengono notoriamente stretti legami».
I vertici del Monte non possono dire di più, considerando che i nomi dei partiti e delle personalità pubbliche sono tutelati dalla legge sulla privacy (a meno che non si tratti di persone giuridiche, ovvero aziende). Non si possono dunque conoscere le singole cifre erogate e le garanzie richieste dal Monte in cambio dei finanziamenti concessi. Nè tantomeno sapere se fra i 13 partiti c'è anche il Pd o comunque le forze che hanno contribuito a fondarlo.
Ieri, intanto, qualche piccolo azionista del Monte ha fatto circolare in assemblea un articolo della Gazzetta di Mantova sui guai della Fondazione Ds mantovana che dopo la nascita del Pd custodisce gli immobili appartenuti prima al Pci, poi al Pds e quindi ai Ds valutati 4 milioni. E che con Mps aveva acceso un mutuo di mezzo milione. Ebbene, Mps ha pignorato il Parco La Quercia di Suzzara, l'area che dal 1991 allo scorso anno ha ospitato le feste provinciali dell'Unità, e reclama dalla Fondazione il saldo del mutuo dopo che molte rate (in tutto 233mila euro, interessi compresi) non sono state pagate.
Sempre a proposito di politica, ad animare l'assemblea che ha approvato il bilancio 2017, chiuso in rosso per 3,5 miliardi, è stato anche Carlo Sibilia del M5S: «Dobbiamo fare qualcosa di diverso e farlo oggi, farlo tra cinque mesi con un governo diverso da quello che c'è ora sarebbe un brutto messaggio», ha detto dal palco rivolgendosi ai rappresentanti del Tesoro e chiedendo il via libera all'azione di responsabilità nei confronti degli ex vertici di Rocca Salimbeni per i derivati Santorini e Alexandria. Richiesta ritenuta poi inammissibile dal Mef e bocciata dall'assemblea.
Al netto degli interventi «politici», l'appuntamento con i soci è servito all'ad Marco Morelli per rassicurarli dopo la caduta del titolo dell'ultimo mese (ieri però ha guadagnato l'1,2%). «Rispetto alla fine del 2017, abbiamo un'inversione di tendenza. Una ripresa degli impieghi vivi lordi e stiamo aumentando la raccolta commerciale. Un segno che la banca si rimette in cammino», ha sottolineato Morelli. Mentre è calata dagli 8,3 miliardi del 2016 ai 3,9 miliardi del 2017 la cifra massima che Mps rischia di pagare nel caso in cui perda le cause intentate contro la banca.
Dopo essere volato a Londra nelle scorse settimane per rassicurare anche la City sull'avanzamento del piano industriale, Morelli incontrerà nuovamente gli investitori con un road show presentando i risultati del primo trimestre, previsti per il 10 maggio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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