I più gettonati dalle imprese? Chimici e ingegneri

Il solo titolo di studio non basta più, le aziende scelgono chi sa fare squadra

di Cristina Pasqualini*Togliamoci dalla testa che la laurea è un cattivo investimento per i giovani. Al contrario, oggi più che mai laurearsi e bene fa la differenza per trovare lavoro all'estero, certo, ma anche in Italia. La fotografia dei Millennials i giovani nati tra il 1982 e il 2000 contenuta nel Rapporto Giovani curato dall'Istituto Toniolo, evidenzia che i ventenni sono una generazione preparata, vocata alla internazionalizzazione, pertanto con le carte in regola per prendere in mano le sfide del futuro e raddrizzare le sorti del nostro Paese. A un Paese bloccato dobbiamo rispondere con il movimento. Non possiamo permetterci di considerare l'università come un parcheggio, come un investimento a perdere, come un percorso che non dà frutti, perché entreremmo in una pericolosa spirale verso il basso, di cui non abbiamo bisogno. Meglio darsi da fare seriamente, puntare in alto, sulla qualità dell'offerta formativa, facendo in modo che i giovani la percepiscano come un investimento faticoso, ma utile, finalizzato all'inserimento nel mercato del lavoro, che non fa sconti a nessuno, basti guardare i tassi di disoccupazione.È assodato che chi esce da un buon percorso universitario, qualunque esso sia, trova lavoro più facilmente se si è preparato adeguatamente e ha acquisito una prospettiva globale e multidisciplinare. Abilità, quest'ultima, che si collega alla capacità sempre più richiesta di lavorare in équipe, di sviluppare idee e progetti con gli altri. Col famoso «pezzo di carta» oramai ci si fa ben poco. Le aziende non hanno tempo da perdere e tanto meno soldi.Per trovare lavoro è dunque importante anche scegliere la laurea giusta, o quanto meno la migliore possibile. Spesso ci affidiamo alle statistiche. Ma attenzione a non incorrere in facili semplificazioni. La società è un sistema complesso e in continua trasformazione. Per questa ragione la nostra capacità previsionale è ridotta e qualsiasi soluzione risulta parziale e contingente. Con questa rinnovata lucidità dobbiamo interrogare le statistiche. Secondo il Rapporto 2015 Almalaurea tra i laureati triennali a un anno dal titolo di studio il 54% studia ancora mentre il 66% lavora (tra quanti non studiano). I laureati magistrali se la passano decisamente meglio: il 70% lavora a un anno dalla laurea e l'86% a cinque anni dalla laurea. Le statistiche sono impietose nel marcare le differenze tra i diversi corsi di laurea sia rispetto alle possibilità che offrono di trovare un impiego sia rispetto ai tempi di attesa per l'inserimento. Tra i laureati magistrali del 2013, intervistati a un anno dalla laurea, coloro che appartengono ai gruppi disciplinari scientifico-tecnico-sanitario sono occupati in percentuale nettamente superiore, rispetto ai colleghi laureati in discipline psicologiche e giuridiche. A cinque anni dalla laurea magistrale, aumentano complessivamente le persone occupate, che sono laureate nei diversi settori disciplinari, ma le differenze e gli svantaggi tra i gruppi disciplinari permangono quasi invariati. Se ragioniamo non tanto in termini di occupazione ma di disoccupazione, vediamo chiaramente che tra i laureati magistrali del 2013, ad un anno dalla laurea, il 35,2% dei laureati nel gruppo disciplinare giuridico è disoccupato, idem per quello psicologico e letterario. Solo il 10% è disoccupato tra chi è laureato in ingegneria, nelle discipline medico-sanitarie e scientifiche. E a 5 anni dalla laurea magistrale? Il 17,3% dei laureati nel gruppo disciplinare giuridico risulta ancora disoccupato! Maglietta nera a Lettere e i migliori complimenti a medici, ingegneri, chimici-farmaceutici, economisti che, in barba alla crisi, il lavoro lo trovano ancora.*Docente di Metodi per la ricerca sociale - Università Cattolica di Milano

di Cristina Pasqualini*Togliamoci dalla testa che la laurea è un cattivo investimento per i giovani. Al contrario, oggi più che mai laurearsi e bene fa la differenza per trovare lavoro all'estero, certo, ma anche in Italia. La fotografia dei Millennials i giovani nati tra il 1982 e il 2000 contenuta nel Rapporto Giovani curato dall'Istituto Toniolo, evidenzia che i ventenni sono una generazione preparata, vocata alla internazionalizzazione, pertanto con le carte in regola per prendere in mano le sfide del futuro e raddrizzare le sorti del nostro Paese. A un Paese bloccato dobbiamo rispondere con il movimento. Non possiamo permetterci di considerare l'università come un parcheggio, come un investimento a perdere, come un percorso che non dà frutti, perché entreremmo in una pericolosa spirale verso il basso, di cui non abbiamo bisogno. Meglio darsi da fare seriamente, puntare in alto, sulla qualità dell'offerta formativa, facendo in modo che i giovani la percepiscano come un investimento faticoso, ma utile, finalizzato all'inserimento nel mercato del lavoro, che non fa sconti a nessuno, basti guardare i tassi di disoccupazione.È assodato che chi esce da un buon percorso universitario, qualunque esso sia, trova lavoro più facilmente se si è preparato adeguatamente e ha acquisito una prospettiva globale e multidisciplinare. Abilità, quest'ultima, che si collega alla capacità sempre più richiesta di lavorare in équipe, di sviluppare idee e progetti con gli altri. Col famoso «pezzo di carta» oramai ci si fa ben poco. Le aziende non hanno tempo da perdere e tanto meno soldi.Per trovare lavoro è dunque importante anche scegliere la laurea giusta, o quanto meno la migliore possibile. Spesso ci affidiamo alle statistiche. Ma attenzione a non incorrere in facili semplificazioni. La società è un sistema complesso e in continua trasformazione. Per questa ragione la nostra capacità previsionale è ridotta e qualsiasi soluzione risulta parziale e contingente. Con questa rinnovata lucidità dobbiamo interrogare le statistiche. Secondo il Rapporto 2015 Almalaurea tra i laureati triennali a un anno dal titolo di studio il 54% studia ancora mentre il 66% lavora (tra quanti non studiano). I laureati magistrali se la passano decisamente meglio: il 70% lavora a un anno dalla laurea e l'86% a cinque anni dalla laurea. Le statistiche sono impietose nel marcare le differenze tra i diversi corsi di laurea sia rispetto alle possibilità che offrono di trovare un impiego sia rispetto ai tempi di attesa per l'inserimento. Tra i laureati magistrali del 2013, intervistati a un anno dalla laurea, coloro che appartengono ai gruppi disciplinari scientifico-tecnico-sanitario sono occupati in percentuale nettamente superiore, rispetto ai colleghi laureati in discipline psicologiche e giuridiche. A cinque anni dalla laurea magistrale, aumentano complessivamente le persone occupate, che sono laureate nei diversi settori disciplinari, ma le differenze e gli svantaggi tra i gruppi disciplinari permangono quasi invariati. Se ragioniamo non tanto in termini di occupazione ma di disoccupazione, vediamo chiaramente che tra i laureati magistrali del 2013, ad un anno dalla laurea, il 35,2% dei laureati nel gruppo disciplinare giuridico è disoccupato, idem per quello psicologico e letterario. Solo il 10% è disoccupato tra chi è laureato in ingegneria, nelle discipline medico-sanitarie e scientifiche.

E a 5 anni dalla laurea magistrale? Il 17,3% dei laureati nel gruppo disciplinare giuridico risulta ancora disoccupato! Maglietta nera a Lettere e i migliori complimenti a medici, ingegneri, chimici-farmaceutici, economisti che, in barba alla crisi, il lavoro lo trovano ancora.*Docente di Metodi per la ricerca sociale - Università Cattolica di Milano

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