Il 2017 è partito all'insegna dei Pir (i piani individuali di risparmio) su cui Mediolanum ha puntato forte e per prima. Come sta andando?
«Abbiamo raccolto 700 milioni nei primi tre mesi e stiamo registrando un enorme interesse: i Pir saranno una svolta per il risparmio e per l'economia italiana». Negli uffici di Banca Mediolanum, alle porte di Milano, si respira un'aria più ottimista che mai. L'introduzione dei Pir - speciali fondi comuni riservati alle persone fisiche, che devono investire al 70% in società Italiane e almeno per il 30% in titoli emessi da piccole e medie imprese, completamente esenti da imposte se tenuti per almeno cinque anni - è vissuta come un'opportunità straordinaria. Anche per la crescita della cultura finanziaria del Paese. Per questo il Giornale ha chiesto a Stefano Volpato, direttore commerciale di Banca Mediolanum, di spiegare bene il fenomeno in corso.
Avete appena concluso un tour in giro per l'Italia, proprio per parlare dei Pir. Com'è andata?
«Noi siamo abituati a incontrare la popolazione. Ma non avevamo mai trovato un interesse così elevato».
I motivi?
«Perché il Paese si sta confrontando con la solidità delle banche e i tassi a zero. Questi due problemi, uniti ai vantaggi dei Pir, hanno generato un interesse enorme. Tanto che abbiamo pianificato altre 15 date di incontri».
Risparmiatori in cerca di una bussola?
«Sì ma è naturale, bisogna comprendere l'animo umano: su sicurezza e rendimento ci si comporta sulla scorta delle proprie abitudini. E la banca è sempre stata vista come il massimo della sicurezza. Non è che con il bail-in sia cambiata la percezione del risparmiatore sulle banche: ci vorranno anni. E lo stesso vale per i rendimenti: veniamo da 40 anni di alti rendimenti su titoli di Stato a zero rischio che ci hanno portato fuori strada. Oggi le stesse attività che fino a qualche anno fa erano altamente premianti sono diventate infruttifere. Il nostro lavoro è spiegare che il mondo è cambiato e che dietro a ogni euro che raccogliamo ci può essere un sogno da realizzare. Per i figli. Per il benessere familiare. Per la sostenibilità nel tempo di un certo tenore di vita. Per quello che vuole lei. Ma va programmato. Come, in fin dei conti, sapevano già le nostre nonne quando accumulavano piccoli capitali, facendo i mucchiettini».
Qual è il punto forte dei Pir: il beneficio fiscale?
«Anche, ma su questo c'è un po' di confusione, perché il beneficio fiscale arriva dopo cinque anni, mentre l'orizzonte temporale può essere molto, molto più lungo. Le dinamiche delle famiglie sono assai diverse tra loro e i Pir si prestano a una logica di accumulazione per esigenze che possono andare molto in là nel tempo. Direi che potrebbero contribuire a formare il terzo pilastro della previdenza complementare».
Cosa glielo fa dire?
«Guardiamo alla ricchezza dormiente degli italiani: parliamo di 1.400 miliardi posteggiati in liquidità, depositi a vista, conti correnti. Se poi sommiamo a questi le obbligazioni a breve, superiamo i 2mila miliardi: è un'enorme ricchezza che rende niente. Allora il primo grande effetto dell'introduzione dei Pir deve essere quello di mettere in circolo questi risparmi spingendo gli italiani a spostarsi su un orizzonte più congruo alle loro reali esigenze: con i Pir si può programmare un accumulo di capitale con obiettivi di lunghissimo periodo, sfruttando al massimo la capitalizzazione delle plusvalenze grazie al beneficio fiscale».
Investire nel lungo periodo?
«Oggi i risparmi investiti a breve o a brevissimo termine rendono zero. Siamo in un mondo nuovo dove per avere qualche rendimento bisogna andare almeno oltre i due anni. Solo così si trasforma il risparmio da una risorsa inerte a una che rende».
Oltre che in una risorsa per le imprese più virtuose, dico bene?
«Certo: il Pir supera finalmente la difficoltà, tutta italiana, di fare sistema sia per il risparmio, sia per le aziende. Oggi le pmi italiane si finanziano per il 68% delle loro esigenze con il sistema bancario. È una quota insostenibile. Il Pir mette gli italiani di fronte a un'epoca nuova.
Per le piccole imprese si apre la possibilità di ripensarsi, di rivoluzionare il loro riferimento all'accesso del capitale. Si potranno attrezzare per accedere a nuovi strumenti, pensare alla quotazione in mercati dedicati, all'emissione di minibond. Potranno pensare a sfide diverse, più ambiziose».
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