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Ilva verso il prestito ponte. Ma ai sindacati non basta

Domani al consiglio dei ministri mossa da 680 milioni. La spinta per lo Stato in maggioranza

Ilva verso il prestito ponte. Ma ai sindacati non basta

Si alza la tensione sindacale sull'ex Ilva. Gli occhi sono puntati sul consiglio dei ministri che domani dovrebbe licenziare, forse per decreto, un prestito ponte da 650-680 milioni. Il denaro serve ad Acciaierie d'Italia, appunto l'ex Ilva, a far fronte alla crisi di liquidità e ridurre i suoi debitori con i fornitori. Se questa impostazione sarà confermata, bisognerebbe attendere quindi, a maggio 2024, il passaggio in maggioranza dello Stato.

Questa soluzione è però osteggiata dai sindacati, che vorrebbero subito l'uscita di Arcelor Mittal e sono pronti allo sciopero davanti a Palazzo Chigi. Già domani il consiglio di fabbrica ha convocato le istituzioni locali per fare fronte comune contro scelte imposte dall'alto. I sindacati vogliono insomma interrompere la gestione Arcelor. E per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, «la situazione è grave» sia dal punto di vista finanziario sia industriale: la produzione è crollata da 10 milioni di tonnellate di acciaio nel 2005 ai 3 milioni nel 2021. Il 29 dicembre riprendono inoltre i lavori dell'assemblea di Acciaierie d'Italia, più volte aggiornata, dove siedono i due soci Invitalia e Arcelor Mittal per trattare sulla governance.

Ma la partita Ilva è solo il primo dei tre dossier strategici - insieme a Tim per la rete unica e di Ita - su cui il governo è impegnato in una corsa contro il tempo per chiudere entro fine anno: le 3 partite insiemevalgono oltre 25mila posti di lavoro.

Quanto alla rete, la scadenza per trovare la migliore «soluzione di mercato» è il 31 dicembre. Nel quarto e ultimo tavolo a Palazzo Chigi, il 29 dicembre, si dovrebbero dunque tirare le somme con Vivendi e Cdp. L'obiettivo del governo è una rete nazionale a controllo pubblico e non verticalmente integrata, in cui far rientrare anche Sparkle. Le strade sembrano tutte aperte, a partire dalla vendita della rete a uno o più soggetti sotto il controllo dello Stato, con la scissione di Tim: le infrastrutture da una parte (Cdp) e i servizi dall'altra (Vivendi).

Passando a Ita, le nozze con Lufthansa appaiono vicine. Poco prima di Natale il governo ha cambiato i criteri della vendita in un nuovo Dpcm: il testo è ora all'attenzione della Corte dei Conti ma l'esame potrebbe essere rapido, visto che non è necessaria una valutazione della ragioneria dello Stato non essendo richieste coperture. Il provvedimento stabilisce le modalità per fissare il prezzo di Ita e stabilisce l'ingresso del cavaliere bianco - Lufthansa - tramite uno o più aumenti di capitale riservati, così da lasciare risorse in pancia a Ita.

Il Tesoro non ha poi più il vincolo di cedere la maggioranza di Ita: Lufthansa potrà entrare in minoranza e poi crescere.

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