Panama, una soluzione è possibile. Il consorzio delle imprese (Gupc) di cui fa parte Salini Impregilo con il 38%, che ha vinto la commessa per il nuovo Canale di Panama, ha trovato un accordo con l'Autorità del canale, l'Acp, su un protocollo di negoziazione «come primo passo verso un'intesa globale per il completamento del progetto». Appena in tempo, visto che il consorzio aveva stabilito il 31 gennaio come data limite per ottenere dall'Acp un riconoscimento degli extracosti da 1,6 milioni di dollari, minacciando in caso contrario lo stop ai lavori per il raddoppio del canale.
Pericolo scampato, almeno per ora: il protocollo d'intesa, valido sino al primo febbraio prossimo, permette di proseguire la trattativa, individuando un percorso per una soluzione «completa», compresa una proposta di cofinanziamento che comprende l'Acp, Gupc - che ha già completato il 70% del progetto - e la compagnia assicurativa Zurich International, che garantisce circa 600 milioni di dollari di una commessa che per le sole imprese del consorzio è superiore ai 3 miliardi e che in totale supera i 5 miliardi.
Infatti l'Autorità del Canale, committente e poi gestore dell'opera, sta cercando di premere sul gruppo svizzero per recuperare almeno 400 milioni di dollari di fondi con cui proseguire il progetto se non si trovasse un'intesa con le imprese. A Panama, così, è proprio Zurich di fatto a mediare nei continui e, per ora, infruttuosi incontri tra le parti, in attesa che la politica trovi una soluzione e convochi tutti al massimo livello.
Intanto continua l'impegno di Bruxelles per trovare una soluzione diplomatica al contenzioso.
La Commissione europea è pronta a incontrare le autorità panamensi, ha detto il vicepresidente Antonio Tajani, dopo un vertice con i rappresentanti della Bei (Banca europea degli investimenti), delle aziende che fanno parte del consorzio - oltre a Impregilo, la capofila spagnola Sacyr e la belga Jan De Nul - e dei rispettivi governi. «Stiamo lavorando per risolvere un problema economico e finanziario e lo facciamo parlando con una sola voce», ha precisato Tajani.
«Se alla Bei verrà richiesto, parteciperà a una costruzione finanziaria per un prestito ponte», ha aggiunto il sottosegretario agli Esteri, Mario Giro, al quale potrebbero intervenire anche «altri soggetti, come per esempio Zurich». Il vero nodo da sciogliere, però, ha sottolineato, «non è chi finanzia ma chi chiede il prestito ponte», e quindi ammette implicitamente di dover sobbarcarsi l'onere del costo extra. Secondo le imprese, infatti, va sostenuto dall'Autorità del canale, perché le condizioni geologiche si sono rivelate diverse da quelle previste dagli studi panamensi.
Ma al «World Economic Forum» di Davos, il presidente di Panama, Riccardo Martinelli, ha ribadito che il contenzioso «va risolto all'interno di quanto prevede il contratto».
Per questo l'ipotesi che il governo di Panama faccia richiesta del prestito sembra poco probabile.
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