Il Banco Popolare abbraccia definitivamente il modello della «banca unica», inglobando anche il Credito Bergamasco e Italease. Il riassetto, da cui si salva come controllata solo Aletti per il private banking, permette all'ad Pier Francesco Saviotti di togliere altra «ruggine» dalla struttura del gruppo, in vista dell'avvio della Vigilanza europea e della stretta di Basilea 3: il Banco stima un beneficio superiore a 50 punti base in termini di solidità patrimoniale come common equity.
L'incorporazione del Creberg poggia su uno scambio azionario, quindi Verona aumenta il capitale per 300 milioni, emettendo 157 milioni di azioni a servizio del concambio: i soci dell'istituto orobico incasseranno prima della fusione 55 centesimi di dividendo, e si vedranno riconoscere 11,5 azioni del Banco per ogni titolo posseduto. Lo schema, secondo i calcoli, equivale a un premio dell'11,5% rispetto ai prezzi di lunedì in Borsa. Lo status di «spa» del Creberg assegna poi il diritto di recesso agli azionisti che non vorranno traslocare nella cooperativa capogruppo: le minoranze rappresentano circa il 25% del capitale.
Come è accaduto nel 2011 per le altre banche reti cancellate, il Creberg sarà sostituito poi da una divisione territoriale bergamasca, dotata di un suo «comitato territoriale», così come resterà attiva la sua Fondazione. È tutto quello che resterà nella popolare veronese della struttura a grappolo adottata, spesso in modo ridondante, da molti istituti di territorio. Le assemblee sono previste il 24 e il 25 aprile, così da rendere operativo il riassetto entro giugno. Sarà ricollocata all'interno, diventando una divisione, anche Italease, la cui ristrutturazione continua a pesare sui bilanci.
La decisione di assorbire anche le ultime controllate, superando le residue resistenze locali, combacia con la spending review che a giugno aveva visto Saviotti riorganizzare l'intera rete tra filiali principali («hub») e satellite («spoke»). Erano stati sacrificati 63 sportelli non più funzionali e affidato il compito di seguire il large corporate alla direzione generale, così da concentrare gli sforzi in periferia su famiglie e piccole imprese.
In sostanza nel 2014 si completarà il rilancio del Banco Popolare, forse rafforzato da qualche cessione, così da presentarsi più solidi al successivo consolidamento del credito in Italia.
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