Intesa fa i conti con i salvataggi

Utile a 806 milioni, pesano le operazioni di sistema. Messina: «Veneto Banca? Non avremo azioni. C'è Atlante»

Intesa fa i conti con i salvataggi

Se l'aumento di capitale di Veneto Banca non dovesse andare in porto chi salverà l'istituto di Montebelluna? Ci penserà il fondo Atlante.

È stato chiaro Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, che è capofila del consorzio garante della ricapitalizzazione: «Alla fine della prossima settimana inizierà il pre-marketing» e se fosse un flop come quello della Vicenza, avendo investito 845 milioni in Atlante (di cui 300 già versati), «Intesa non è disponibile a mantenere in portafoglio alcuna azione Veneto Banca», ha detto presentando la trimestrale agli analisti. Questo significa che, «alla fine di questo processo, la nostra quota in Veneto Banca sarà pari a zero. Se l'operazione avrà successo sul mercato, ne saremo felici; altrimenti Atlante potrà entrare anche in Veneto Banca».

Messina ha illustrato i conti di Intesa all'indomani del ribaltone in assemblea dei soci del gruppo veneto, che hanno votato a favore della lista di candidati al cda alternativa a quella legato al board uscente. Invariata la guida operativa (Cristiano Carrus) ma è cambiato il presidente, Stefano Ambrosini, che ora è atteso in Banca d'Italia e in Bce per affrontare il tema dell'aumento da un miliardo e della successiva quotazione attesa per il 22 giugno. Più che le popolari venete, però, a tenere banco durante la conferenza telefonica di Messina sono stati i conti del gruppo nonchè il suo coinvolgimento in prima linea nell'operazione Atlante. Sul primo fronte, Intesa ha archiviato il primo trimestre del 2016 con un utile netto di 806 milioni, in calo del 24% rispetto agli 1,06 miliardi dei primi tre mesi del 2015, periodo che aveva beneficiato di un andamento particolarmente favorevole dei mercati finanziari. Pesa la zavorra di aiuti di «sistema»: al netto dei contributi al fondo di risoluzione per l'intero anno, già spesati nel periodo, l'utile trimestrale sarebbe infatti salito a 902 milioni. Battute, comunque, le stime dei broker che si aspettavano 700 milioni di profitti e confermato l'impegno a distribuire 3 miliardi di euro di dividendi in contanti. Il risultato della gestione operativa è migliorato del 37,3% rispetto al quarto trimestre 2015 a 2,023 miliardi, se si escludono i contributi al fondo di risoluzione. Quanto ai crediti deteriorati, sono risultati stabili a 33,08 miliardi, in linea con fine 2015.

Si cominciano inoltre a vedere gli effetti del trasferimento di depositi da banche considerate meno sicure dai risparmiatori verso la «fortezza» di Intesa: la raccolta diretta bancaria è salita del 2,1% a 380 miliardi. Nel dettaglio, nel trimestre l'istituto ha registrato un forte afflusso netto di raccolta da clientela nelle divisioni Banca dei Territori e Private Banking pari a oltre 7 miliardi, contro i 4 miliardi dell'ultimo trimestre 2015 e rispetto al deflusso netto di 6 miliardi nel primo trimestre 2015.

La curiosità degli analisti si è poi concentrata su Atlante, di cui Intesa è uno dei maggiori finanziatori. Messina lo ha definito un potenziale «game changer» per il mercato dei crediti deteriorati in Italia con un ammontare di Npl lordi acquistati tra 30 e 60 miliardi. La stessa banca intende utilizzare il fondo per ridurre le sofferenze che ha oggi in portafoglio. L'istituto, però, considera l'impegno fino a 1 miliardo annunciato a metà aprile come un limite invalicabile: «Non contribuirò ulteriormente, non siamo i salvatori del sistema bancario italiano».

Il mercato è parso inizialmente deluso dall'andamento delle

commissioni e dai ricavi inferiori alle attese (il consensus era di 1,91 miliardi, rispetto agli 1,88 annunciati). In Borsa il titolo ha così sbandato con un -2,2%, per poi però chiudere in rialzo dello 0,27% a 2,22 euro.

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