Inutile incolpare la Vigilanza Ue

Danièle Nouy, arcigna presidentessa della Vigilanza unica della Bce, in questi giorni ha sferrato un colpo basso (approfittando delle troppe incertezze della politica) verso il precario sistema creditizio dell'Ue. Ora, nella sua agenda c'è una frase sottolineata con pennarello rosso: nuove regole in merito al trattamento dei crediti in sofferenza delle banche. Vale a dire: una stretta a troppi anni di annunci, di tentativi timidi, di scelte poco oculate. Laddove la responsabilità dei governi, specie dei Paesi più deboli dell'Unione, nel rimandare una saggia politica di interventi drastici in materia di non performing loans, ha solo prodotto equivoci, rimbalzi di responsabilità e spreco di denaro (anche pubblico).

La mossa di Nouy non arriva come un fulmine a ciel sereno. Ricordo che in un'audizione di fine marzo al Parlamento europeo aveva detto che non era più tollerabile una pratica attendistica su npl, quella del wait and see. In pratica, la vigilantes provocava i Paesi ad assumere finalmente una posizione forte sulla spinosa materia. Nulla di concreto è stato fatto e così siamo arrivati all'ultimo annuncio. Troppo duro? Certo, se si arrivasse a una traduzione alla lettera delle sue intenzioni, l'effetto immediato sarebbe quello di una stretta sul credito con un innalzamento dei tassi d'interesse. A farne le spese, ancora una volta, le realtà imprenditoriali e in modo particolari quelle più piccole. Tuttavia, occorre un'accelerata. Almeno un segnale di indirizzo strategico. Ormai la riforma sistemica delle banche è una questione europea.

È miope pensare che la soluzione possa venire dagli sforzi (debolissimi) dei singoli istituti. Occorrerebbe opporsi al piano delle nuove regole con un riassetto sistemico che produca immediata fiducia e consenso. Temo non avverrà. Si bloccherà il piano Nouy prendendo tempo. Perdendo tempo.

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