Almeno per una volta, ieri Piazza Affari ha badato più ai fatti nostri che a quelli degli altri. Non accade spesso, in questo mondo globalizzato dove un battito d'ali a Oriente può avere conseguenze a migliaia di chilometri di distanza. Può dunque sorprendere la sostanziale indifferenza con cui Milano (chiusura in progresso dell'1,55%), ma anche le altre piazze europee, abbia accolto l'ennesimo inabissamento della Borsa di Tokio (-3,22%). In una giornata priva di spunti macroeconomici e orfana della Borse di New York e Londra, chiuse per festività, a mettere benzina nel serbatoio del rialzo è stata l'ormai sicura promozione dell'Italia da parte della Commissione Ue, che domani proporrà ai 27 Stati dell'Unione di chiudere la procedura per deficit eccessivo aperta quattro anni fa.
Il via libera di Bruxelles è visto ovviamente con favore dai mercati, per la ragione che verranno liberate risorse tra i 7 e i 10 miliardi di euro da destinare alla crescita economica. Anche se il premier Enrico Letta ha ricordato giusto ieri che si avrà un impatto positivo solo a partire dal bilancio 2014, per l'Italia si tratta di una boccata d'ossigeno in un momento di grande emergenza, sottolineato nei giorni scorsi dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, e ogni mese drammaticamente evidenziato dagli indicatori congiunturali. In ogni caso, è probabile che già nel vertice comunitario di giugno arrivi il semaforo verde per l'anticipazione delle misure di contrasto alla disoccupazione giovanile, uno dei punti in cima all'agenda del governo.
Ma gli investitori sono anche abituati a ragionare in prospettiva. Se l'arbitro comunitario - è la loro valutazione - si rimette in tasca il cartellino giallo mostrato all'Italia, si aprono margini per intavolare una trattativa che ammorbidisca il piano di risanamento fiscale, come già avvenuto con Spagna e Francia per il 2014. Forse è una congettura che pecca di troppo ottimismo, considerando che da giovedì entrerà in vigore nella zona euro il «Two pack», il pacchetto di regole che dà nuovi poteri alla Commissione Ue, tra cui quello di dire «no» alle leggi finanziarie degli Stati.
Il Consiglio Ue di giugno, comunque, sarà un appuntamento importante per verificare fino a che punto si è allargato il fronte anti-austerity. La Bce, attraverso il consigliere Joerg Asmussen, ha garantito ieri che la politica monetaria «è espansiva è resterà tale finché sarà necessario», ma certo non è pensabile un alleggerimento quantitativo in stile Fed o Bank of Japan da parte dell'Eurotower. Certo non ora, con l'incombente verdetto della Corte costituzionale tedesca sullo scudo anti-spread fortemente voluto da Mario Draghi.
Se l'uscita dalla procedura per deficit eccessivo è stata accolta favorevolmente a Piazza Affari, è anche assai probabile che il Tesoro riesca questa settimana a collocare senza sforzo (e con tassi in calo) 18 miliardi di titoli di Stato.
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