L’Eba striglia le banche Piazza Affari maglia nera

L’Eba striglia le banche Piazza Affari maglia nera

A cominciare il duello, alla fine di gennaio, era stato Mario Draghi: «Giusto chiedere sforzi alle banche, ma sbagliato il momento». Un vero e proprio fendente, più che un affondo di fioretto, con bersaglio quell’Eba guidata da un altro italiano, Andrea Enria. Oggetto del contendere i 115 miliardi di euro ritenuti indispensabili dall’authority bancaria, l’Eba appunto, per rafforzare i requisiti patrimoniali di 115 istituti di credito europei. Lo scopo, alzare un argine sufficiente a fronteggiare nuove situazioni di crisi, era tutt’altro che censurabile. Ma sui criteri di innalzamento dei ratios, le banche italiane avevano alzato subito gli scudi. «Penalizzate rispetto a francesi e tedeschi», era il coro orchestrato dall’Abi.
Prime polemiche, poi sostenute e alimentate dalle parole di Draghi. Questa singolar tenzone dialettica non è però finita. Stavolta è Enria a usare la spada, con una stoccata alla misura anti-emergenza di cui Draghi va più fiero, ossia le famose “aste a rubinetto“ (più tecnicamente, Ltro) con cui l’Eurotower, in due distinte operazioni, ha rifornito il sistema bancario con oltre 1.000 miliardi di euro sotto forma di prestiti a tre anni al tasso dell’1%. «Evitata in questo modo una crisi di liquidità», aveva più volte sostenuto il numero uno della Bce. L’Eba sembra pensarla diversamente. Molte banche europee, ha spiegato Enria, sono pronte a «smettere di essere dipendenti dai prestiti Bce, a rifocalizzare i loro modelli di business e ad attuare un graduale deleveraging e una ristrutturazione, senza smettere di finanziare le imprese». Una dichiarazione forte, per di più fatta alla vigilia della riunione che servirà al board dell’authority per mettere sotto la lente la trentina di banche oggetto delle “attenzioni“ dell’Eba. Insomma, il messaggio è chiaro: le banche devono affrancarsi dal denaro facile concesso dalla Bce e tornare a rifornirsi sui mercati. Un’opera di disintossicazione da portare a termine senza dimenticare il processo di ristrutturazione. Su questo punto, peraltro, Enria non sembra troppo soddisfatto: i piani di ricapitalizzazione delle banche sono «in corso», anche se alcuni istituti hanno «adottato requisiti troppo ottimistici»
Ma è davvero il momento, per le banche, di abbandonare la generosa stampella della Bce? Di sicuro, il denaro dell’Eurotower ha contribuito a smorzare la febbre degli spread. E ora, come detto da Draghi, i prestiti cominciano a circolare nell’economia reale.

Restituirli potrebbe essere pericoloso in un momento di nuova tensione della crisi del debito (Btp-Bund a 330 punti), i titoli bancari sono sotto pressione (motivo per cui Milano è stata ieri la maglia nera d’Europa, perdendo lo 0,2% dopo essere scesa dell’1,6%) ed Eurolandia è a un passo dalla recessione. Ancora una volta, un problema di timing. Giusto o sbagliato?

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