Avanti così. È una promozione a pieni voti quella che lOcse assegna alla riforma del lavoro varata dal governo Monti, giudicata dal segretario generale dellorganizzazione parigina, Angel Gurria, «un passo decisivo per affrontare i principali problemi del mercato del lavoro in modo coerente». Ma è lintero percorso lungo cui si è incamminata lItalia a essere seguito con grande attenzione. Anche perché, da tempo, lOcse raccomandava al nostro Paese di chiarire e facilitare le procedure di licenziamento, creando però una rete di protezione a favore dei disoccupati e ponendo un freno ai contratti con scadenza incorporata.
Ora ciò è stato fatto, e salvo stravolgimenti in sede parlamentare limpianto complessivo della riforma andrà a incastonarsi negli altri due pilastri, quello previdenziale e quello delle liberalizzazioni, da cui è attesa la spinta necessaria per «accelerare la creazione di posti di lavoro, far scendere la disoccupazione e rafforzare la crescita». Gurria, che ci considera «un buon esempio» per austerità e riforme, non ha dubbi: con le sole riforme sulla deregolamentazione e sulla semplificazione, lItalia può guadagnare tra 0,6 e 0,8 punti percentuali di crescita lanno.
Ma non è solo lItalia ad aver bisogno di nuovo slancio. LEuropa «si sta impantanando», spiega Gurria. Per stimolare lattività economica, cè bisogno di armonizzare le politiche dei vari Paesi in quanto le leggi nazionali, le rigidità e la scarsa implementazione delle norme Ue già in vigore stanno frenando la crescita. Domani lente parigino aggiornerà le stime dellOutlook diffuse lo scorso novembre, ed è difficile immaginare un miglioramento delle previsioni, che in autunno pronosticavano un incremento dello 0,2% nel 2012 e un +1,4% nel 2013. A maggior ragione dopo che anche la Spagna è scivolata in recessione (contrazione anche nel primo trimestre, la seconda consecutiva).
Il delicato momento congiunturale e la crisi del debito non ancora esaurita (lo spread Btp-Bund è risalito ieri a 323 punti, 13 in più rispetto a lunedì) inducono lOcse a respingere la proposta lanciata lunedì dalla Germania di accorpare i due fondi salva-Stati, Efsf ed Esm, per avere circa 700 miliardi di munizioni. Ne servono almeno 1.000, ribatte lorganizzazione. «La cifra di 1.000 miliardi non è simbolica - spiega Gurria - . Con due Paesi delleuro zona (Italia e Spagna, ndr), di cui uno il doppio dellaltro, con una gran massa di titoli pubblici in scadenza questanno, il fondo anti-crisi deve essere rafforzato in modo sostanziale. Più grande è meglio è, più saremo in grado di convincere i mercati che è uno strumento credibile». Un paracadute di grandi dimensioni servirebbe inoltre nel caso la Grecia avesse bisogno di un terzo pacchetto di aiuti. La situazione di Atene non è certo buona: Bruxelles ritiene che lattuale ritmo delle riforme e degli aggiustamenti in corso «è lontano dallessere sufficiente per rendere le finanze pubbliche sostenibili o per superare i problemi di competitività».
Con i negoziati sul rafforzamento del fondo salva-Stati in pieno svolgimento, passa in secondordine la questione legata al varo degli Eurobond, peraltro considerati dallOcse un salto nel buio in assenza di una maggiore integrazione delle politiche di bilancio di Eurolandia.
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