di Marcello Zacché
Urbano Cairo, editore, pubblicitario e presidente del Torino, il 30 aprile ha comprato La7, che perdeva 100 milioni l'anno. Com'è andato il 2013?
«Direi bene: in 8 mesi abbiamo tagliato il 30% dei costi e abbiamo chiuso con un margine operativo lordo positivo per 3,6 milioni, un risultato operativo di 1,8 e un netto di 5,6 milioni».
Telecom, per vendere La7, ha accettato di darle una dote. Avete cominciato a utilizzarla? È per questo che il bilancio è positivo?
«Abbiamo avuto un contributo alla ristrutturazione di 88 milioni. D'altra parte, La7 perdeva 100 milioni da 10 anni. Infatti, all'inizio dell'asta eravamo in 15 e, alla fine, siamo rimasti in due. Comunque no: la dote non l'abbiamo toccata, è ancora tutta lì, quello che ci hanno dato è stato conservato. La7 ha una posizione finanziaria netta di 115 milioni e quella della controllante Cairo Communication è passata da 61,2 a 172,9 milioni».
Ci vuole dire che è stato un'affare?
«Un affare... I risultati dei nostri primi 8 mesi sono buoni, siamo al break even operativo, ma è ancora presto. Nei primi mesi dell'anno l'investimento in palinsesto è molto importante e, quindi, bisognerà vedere tutto il 2014. Di certo, per adesso, abbiamo tagliato costi e migliorato l'efficienza di gestione senza bruciare un euro di cassa e aumentando lo share».
Ci dica meglio come si arriva a quei risultati positivi.
«Quando l'ho presa, la tivù perdeva almeno 45 milioni di Ebitda. Siamo passati a +3,6 milioni recuperandone 2-3 di pubblicità e tagliando 46 milioni tra costi e sprechi, senza rinunciare a nessuno dei principali artisti. Per quanto riguarda il risultato operativo (passato da -73 a +1,8 milioni ndr), abbiamo svalutato il magazzino dei diritti e, quindi, abbattuto gli ammortamenti da 27 a 10 milioni circa».
Traduzione?
«Significa aver aumentato la percentuale di palinsesto prodotta in casa, diminuendo drasticamente quella di film, telefilm e prodotti esterni. Oggi, se ci fa caso, dalla mattina fino alle 14.30 sono tutti programmi nostri. Nel pomeriggio c'è qualche film, poi la sera di nuovo quasi tutto fatto in casa. Oggi produciamo fino all'80% del palinsesto e non intendiamo superare i 10 milioni l'anno di ammortamenti per il magazzino diritti. Così contiamo di restare in equilibrio».
E il resto delle attività editoriali di Cairo Communication? I ricavi sono scesi, nel 2013, da 284,7 a 276,8 e si sono ridotti margini e risultati. Problemi?
«La crisi della pubblicità è pesante e si riflette direttamente nell'ultima riga di bilancio. Nel 2013 il mercato dei periodici, secondo i dati Nielsen, ha perso il 23,9%. Noi con la Giorgio Mondadori abbiamo ridotto l'Ebitda da 15,9 a 12,6 milioni, calcolando anche gli 0,9 milioni in meno di contributo carta che è stato tagliato e continuando tagliare sui costi, ma senza aver mai mandato via nessuno. Anzi, negli ultimi due anni abbiamo assunto una quarantina di persone per i lanci dei nuovi periodici».
Una linea diversa da quella della Rcs, dunque. Dove lei è azionista. È rimasto fermo, ha venduto o comprato altre azioni?
«Ho il 2,84% che mi è costato 15 milioni di investimento personale, perché non volevo mischiare le cose. E lì mi fermo. In ottobre ho anche rifiutato l'offerta di un broker che voleva comprare il mio pacchetto a 1,7 euro per azione. Non conosco il compratore che gli stava dietro. Ma comunque non sono interessato a vendere per ora. Alla Rcs sono anche affezionato, avendo iniziato la mia attività in proprio vedendo la pubblicità per Oggi, Io Donna e Tv7».
La pensa come Della Valle, che vuole proporre un'azione di responsabilità contro gli amministratori?
«Ho già manifestato la mia disapprovazione sulla vendita dell'immobile di via Solferino: non era il momento e penalizzerà il conto economico. Dopodiché io sono azionista, ma non siedo nel cda, dunque non conosco la situazione della società. Prima di prendere altre posizioni voglio vedere i risultati. Come saranno i conti del 2013 e l'andamento del primo trimestre di quest'anno.
Ci lasci chiudere con il Toro: dove vuole arrivare?
«A fare bene le prossime 15 partite. E magari vincere il derby: è una cosa che ancora mi manca».
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