Lascia anche Bonomi Bpm in mezzo al guado

Lascia anche Bonomi Bpm in mezzo al guado

La Popolare di Milano torna nel caos. A soli due anni di distanza dallo scontro con Matteo Arpe per il controllo dell'istituto, il presidente Andrea Bonomi ha abdicato insieme all'intero consiglio di gestione «per porre termine alla grave situazione di incertezza» della banca e accelerare il rinnovo del vertice. Un passo tecnico, vista la decisione del cds di rimettere tutto nelle mani dell'assemblea, ma che conduce alla guerra finale con il finanziere Raffaele Mincione, secondo socio con il 7%.
L'assise, che si terrà sabato 21 dicembre, sancirà l'effettivo addio del cdg. Mincione, che ha già ottenuto l'iscrizione al libro soci, starebbe ora completando la propria lista, con l'appoggio dei dipendenti-soci più vicini all'ex «Associazione Amici». È l'organismo, ormai disciolto, che era giunto a contare 7mila iscritti e che faceva da cuscinetto tra la base e il cda della gestione pre-Bonomi. L'assemblea dovrà poi allungare a fine luglio il termine per lanciare l'aumento di capitale, completando così il profondo lavoro di risanamento svolto dall'ad Piero Montani prima di lasciare in polemica con l'ancien regime della banca e andare a Carige: martedì c'è la trimestrale, e gli analisti stimano 119 milioni di utili nei 9 mesi.
Grande consulente di Mincione è invece Lamberto Dini, uomo che nelle sue 83 primavere è riuscito a indossare contemporaneamente il gessato del banchiere centrale (è stato direttore generale Bankitalia) e i pantaloni da caccia del politico. Gli stessi con cui nel '95 è succeduto al primo governo Berlusconi e con cui nel 2008 ha senza troppi rimorsi sfiduciato l'ex alleato Romano Prodi. Ora il ribaltone potrebbe avvenire in Bpm e per Bonomi l'unico modo per evitarlo è trovare una sponda nel «parlamento» di Piazza Meda.
I partiti in Bpm restano fluidi ma, come anticipato dal Giornale, si sta lavorando su un punto di incontro tra Bonomi (primo socio con l'8%) e l'Associazione Pensionati di Elio Canovi ed Edoardo Dorenti, che sta a sua volta studiando un progetto di governance. Da quanto trapela, l'associazione medita inoltre di dare vita a un «Comitato promotore», chiamato a selezionare le candidature in vista delle liste da presentare in assemblea per il rinnovo del cds. In sostanza anche Bpm avrebbe le «Primarie», ma i tempi sono stretti perché le liste devono essere depositate entro il 25 novembre, 25 giorni prima dell'assise. Si tratta di una mossa «aggregante», ammesso però di trovare una mediazione sul fatto che i pensionati, oltre a difendere l'assetto cooperativo, vorrebbero dare ai propri rappresentanti in cds il diritto di veto sulle operazioni straordinarie. Una clausola che difficilmente sarà accettata da Bankitalia, da cui già nel 2011 era giunta una severa stretta sui requisiti per avere accesso al consiglio e che potrebbe ora intervenire tagliando le deleghe di voto.
I pensionati sono infatti da sempre centrali nelle assemblee di Bpm. A dirlo sono i numeri: nell'ottobre del 2011 parteciparono 4.267 persone ma, calcolate le deleghe, i voti nell'urna furono poco più di 8mila: 3.700 dei dipendenti-soci (1.070 le deleghe) e 3.800 tra soci esterni e appunto i pensionati (2.

250 le deleghe), cui sommare i 710 consensi espressi per conto dei figli minori. Ora la scommessa è capire quanto seguito hanno gli ex pretoriani dell'«Associazione Amici», usciti dagli uffici della banca e confluiti nelle file dei pensionati.

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