L'aumento di Carige delude: -13%

Malacalza investe "solo" 25 milioni e si ferma al 22%

Vittorio Malacalza
Vittorio Malacalza

«Faccio una previsione, questo aumento può andare addirittura a riparto», aveva detto lo scorso 22 novembre l'ad di Carige, Paolo Fiorentino. Il rafforzamento dell'operazione da 500 milioni richiesta dalla Bce è andato in porto ma il diavolo, anche per il mercato, si nasconde nei dettagli: ieri il titolo dell'istituto ligure è affondato di quasi il 13% a 0,008 euro dopo essere anche stato sospeso per eccesso di ribasso.

La Borsa è rimasta delusa dall'esito finale dell'aumento di capitale, che ha avuto sottoscrizioni per il 71% del totale delle azioni offerte per un controvalore di 353,7 milioni. Nell'asta dei giorni scorsi i diritti di opzione erano stati tutti venduti in anticipo ma solo una piccola quota è stata poi sottoscritta. Non solo. Ad alimentare le vendite è stato, spiegano gli operatori, il segnale arrivato dal primo socio Vittorio Malacalza. La holding della famiglia genovese, Malacalza Investimenti, assistita da Rotschild, è infatti salita sopra il 22% di Carige esercitando però solo parzialmente la propria facoltà - autorizzata da Francoforte - di rafforzare ulteriormente la presa sulla banca genovese fino al 28 per cento.

Dopo l'offerta in asta dell'inoptato la cassaforte, che aveva già sottoscritto in opzione per la propria quota del 17,6%, ha messo sul piatto altri 25 milioni (portando l'impegno complessivo a 112,6 milioni). Che sono però la metà dei 50 milioni che avrebbe potuto investire con il permesso della Vigilanza europea.

In una nota Malacalza sottolinea che il suo intervento ha contribuito «al successo dell'aumento di capitale» e che Malacalza Investimenti «aveva un diritto e non un obbligo di incrementare la quota già detenuta nella banca». La famiglia «continuerà dunque a sostenere» l'istituto nel suo ruolo di azionista al fine di valorizzare il proprio investimento» e continuare a supportarne «il ruolo nel tessuto economico e sociale ligure».

In base agli accordi, le rimanenti azioni non sottoscritte dopo l'offerta in Borsa, per un valore di 119,9 milioni saranno allocate da Equita Sim per conto di quattro sub-garanti di prima allocazione. In particolare lazionista Gabriele Volpi, attraverso Compania Financiera Lonestar, intende coprire altri 20 milioni circa per incrementare la sua partecipazione al 9,99% dal 6 per cento. Credito Fondiario, che ha acquistato un portafoglio sofferenze per 1,2 miliardi e la piattaforma dei non performing loans, sottoscrive 30 milioni dell'aumento. Chevanari, che ha acquisto Creditis, e Sga partecipano rispettivamente per 40 milioni e 30 milioni circa.

Ma risolti i problemi patrimoniali, il mercato ora guarda all'esecuzione del piano industriale che dovrà rilanciare la redditività della banca. E in molti, nelle sale operative, sottolineano che prima o poi ci sarà bisogno di un'aggregazione «meglio prima, che poi», chiosa un trader.

Complessivamente la

ricapitalizzazione, costata a Carige circa 52 milioni in commissioni, dovrebbe aver raccolto circa 544 milioni, di cui 498 nell'aumento di capitale in opzione e 46 milioni nella tranche riservata agli ex obbligazionisti subordinati.

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