Economia

La lente sulla casa Come funziona l'annullamento in autotutela

L a Pubblica Amministrazione ha l'obbligo, «una volta informata dell'errore in cui è incorsa, di compiere le necessarie verifiche e poi, accertato l'errore, di annullare» in autotutela il provvedimento «riconosciuto illegittimo o, comunque, errato».
Tutto ciò «in tempi ragionevoli» (da valutarsi in base alla «situazione concreta») e senza che rilevi, al riguardo, la mancata previsione di «uno specifico termine» entro il quale l'autotutela deve essere esercitata. Tuttavia, provvedere con ritardo allo sgravio non è di per sé ragione sufficiente a legittimare una richiesta di risarcimento, a meno che l'interessato non riesca a «dimostrare il danno che tale ritardo gli ha cagionato e che invece non si sarebbe verificato ove il provvedimento della Pubblica Amministrazione fosse stato tempestivo».
Lo ha stabilito la Cassazione, con sentenza numero 6283 del 20 aprile 2012, respingendo, così, il ricorso di un contribuente che lamentava di aver subito un pregiudizio dall'annullamento non tempestivo di un avviso di accertamento rivelatosi successivamente infondato, senza però - a giudizio dei giudici - «prospettare argomentazioni idonee» a dimostrare tale pregiudizio. Insomma, per la Cassazione l'annullamento in autotutela di una pretesa illegittima deve avvenire senza inutili perdite di tempo, ma il risarcimento per i ritardi compiuti nell'effettuare tale operazione è solo eventuale, subordinato al fatto che l'interessato dimostri l'effettivo danno patito. L'annullamento in autotutela dell'atto impositivo oggetto del contenzioso tributario non solleva poi l'Amministrazione finanziaria dal pagamento delle spese dovute laddove il motivo che ha generato la richiesta di cessazione della materia del contendere fosse «preesistente» alla presentazione del ricorso da parte contribuente.
Lo ha stabilito, con la sentenza individuata dal numero 11/01/12 del 24 maggio 2012, la Commissione tributaria provinciale di Aosta.
*Presidente Confedilizia


di Corrado Sforza Fogliani*

Commenti