L'Europa dà tre giorni alla Grecia

Lunedì prossimo vertice di emergenza dell'Eurozona. Lagarde (Fmi): "Atene in default se non paga"

L'Europa dà tre giorni alla Grecia

Lunedì prossimo, 22 giugno, potrebbe essere l'ultima chiamata per la Grecia. Sarà il giorno di un summit straordinario dei capi di Stato e di governo, convocato in tutta fretta nella serata di ieri dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, una manciata di minuti dopo l'ennesima fumata nera uscita dall'Eurogruppo, a dimostrazione dell'impossibilità di trovare una soluzione di compromesso in grado di appianare le divergenze e colmare le distanze.

Anche se nessun miracolo negoziale era atteso alla vigilia, la riunione indetta in tutta fretta segnala la gravità della situazione e, soprattutto, l'esigenza di spostare il tavolo dei negoziati al più alto livello politico. In fondo, è ciò a cui puntava il leader greco, Alexis Tsipras: sgombrare il più possibile il campo dalla presenza di istituzioni con le quale i rapporti si sono inveleniti, come il Fondo monetario internazionale e la Bce, che in tarda serata ha convocato per oggi una conference call con i governatori delle banche centrali dell'eurozona sull'estensione dell'assistenza per la liquidità delle banche elleniche. Al Fmi la Grecia imputa l'irrigidimento «irragionevole» sulle pensioni che rende impossibile il dialogo. «Speriamo che i prossimi giorni siano usati dai greci per definire una serie di proposte credibili. Va ristabilito un dialogo tra adulti», ha detto freddamente la numero uno del Fondo, Christine Lagarde. Che non intende fare sconti: «Se Atene non pagherà a fine mese sarà tecnicamente in default rispetto al Fondo monetario. E le regole ci impediscono di procedere ad altri esborsi finchè gli arretrati non sono pagati». Un dettaglio tecnico fondamentale che non trova d'accordo il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan: «Tecnicamente Atene va in arretrato, non in default. Per arrivare al default ce ne vuole». Quanto alle ripercussioni sull'Italia, il ministro ha assicurato che il Paese «è assolutamento solido, non siamo nel 2012».

A questo punto, Atene rischia il mancato rimborso anche in caso di un'eventuale intesa lunedì prossimo. «È impensabile che ci sia il tempo» per versare l'ultima tranche da 7,2 miliardi «entro fine giugno», ha spiegato il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Anche perchè l'accordo dovrà essere prima ratificato da alcuni parlamenti dell'eurozona, a cominciare da quello tedesco.

La sostenibilità del debito ellenico è uno dei punti più controversi delle trattative. In tutti questi mesi il Fmi si è speso per una sua ristrutturazione, in cambio di riforme draconiane, trovando però sulla sua strada il fuoco di sbarramento europeo. Poco prima dell'inizio dei lavori, il quotidiano greco Kathimerini aveva rivelato l'indiscrezione, raccolta da un funzionario Ue, secondo cui la Commissione Ue e la Bce sono al lavoro per preparare una dichiarazione congiunta sul taglio del debito greco nel caso si giunga finalmente a un accordo. L'idea sarebbe quella di riportare il debito pubblico greco al 124% del prodotto interno lordo nel 2020, attraverso un pacchetto di misure suppletive di un'entità pari al 20% del Pil. Una notizia, non confermata, che va in direzione opposta rispetto a quanto prospettato dal fondo salva-Stati Esm. Che nel suo rapporto annuale sostiene che il debito ellenico «è alto ma sostenibile». I motivi? Primo: i tempi di ripagamento sono molto lunghi (32,5 anni in media). Secondo: i tassi sono molto bassi, un 1,35% contro il 5% corrisposto da Atene negli ultimi 10 anno sui bond emessi, e hanno permesso nel 2014 di risparmiare 8 miliardi.

L'ultima parola la

mette il ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis: «Siamo troppo vicini ad accettare un “incidente“ (cioè il default, ndr): lo scambio dei bond ellenici fra la Bce e l'Esm risolverebbe immediatamente tutti i problemi».

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