L'imprenditoria cinese non conosce crisi: +26% in quattro anni

Secondo la Cgia di Mestre le aziende gestite da cinesi in Italia sono cresciute tra il 2008 e il 2011. Ma il 70% dei ricavi tornano in Cina

L'imprenditoria cinese non conosce crisi: +26% in quattro anni

Sono mesi che non si fa altro che sentir parlare di come la crisi stia ammazzando le aziende e le famiglie italiane. Il governo cerca in tutti i modi di rassicurare gli investitori stranieri, invitandoli a impegnare capitali nel nostro Paese. C'è solo uno Stato che a quanto pare non ha bisogno di incentivi: la Cina.

Secondo la Cgia di Mestre, infatti, l'imprenditoria cinese in Italia non ha subito nessun effetto dalla tensione sui mercati, ma anzi è cresciuta del 26% tra il 2008 e il 2011. 7,87 miliardi di euro (il 65% del totale) di guadagni, però non vengono reinvestiti nel Belpaese, ma tornano in Cina. Gli imprenditori cinesi si occupano per il 70% di commercio e del settore alberghiero e ristorazione e sono concentrati soprattutto in Lombardia (11.922 attività), Toscana (10.854) e Veneto (6.939).

"In passato i settori maggiormente caratterizzati dalla presenza di attività guidate da cinesi riguardavano la ristorazione, la pelletteria e la produzione di cravatte", commenta Giuseppe Bortolussi segretario dell'associazione, "Successivamente le loro iniziative imprenditoriali si sono estese anche all’abbigliamento, ai giocattoli, all’oggettistica e alla conduzione di pubblici esercizi". Non mancano però i problemi: "È una comunità poco integrata con la nostra società, perchè la quasi totalità di questi lavoratori non parla la nostra lingua. Inoltre, buona parte di queste attività, soprattutto nel manifatturiero, si sono affermate eludendo gli obblighi fiscali e contributivi, aggirando le norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e non rispettando i più elementari diritti dei lavoratori occupati in queste aziende che quasi sempre provengono anch’essi dalla Cina. Questa forma di dumping economico ha messo fuori mercato intere filiere produttive e commerciali di casa nostra.

Ma anche gli imprenditori italiani hanno le loro responsabilità, come racconta Bertolucci: "In molte circostanze, coloro che ancora adesso forniscono il lavoro a questi laboratori produttivi cinesi sono

committenti italiani che fanno realizzare parti delle lavorazioni con costi molto contenuti. Se queste imprese committenti si rivolgessero a dei subfornitori italiani, questa forte riduzione dei costi non sarebbe possibile".

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